L’Arabia Saudita compie passi in avanti per la questione diritti umani. Awwad Alawwad, presidente della Commissione per i Diritti Umani, ha annunciato che le punzioni capitali non saranno utilizzate contro i minori. La decisione arriva dopo l’abolizione della fustigazione che ha ricevuto il plauso delle organizzazioni umanitarie, sebbene nel paese ci sia il triste record di esecuzioni capitali (184, secondo un rapporto stilato da Amnesty International).
Secondo la Commissione dei Diritti Umani, i minori coinvolti in reati gravi “riceveranno invece una pena detentiva per non oltre 10 anni in una struttura carceraria“
“ll decreto ci aiuta a stabilire un codice penale più moderno“, aggiunge Alawwad.

Le costanti denunce di Amnesty International
“La pena di morte è una punizione disgustosa e disumana; e non ci sono prove credibili che scoraggia il crimine più delle pene detentive. La stragrande maggioranza dei paesi lo riconosce ed è incoraggiante vedere che le esecuzioni continuano a cadere in tutto il mondo “, ha affermato nel sopracitato documento, Clare Algar, Senior Director per la ricerca, la difesa e la politica di Amnesty International.
Ma nel rapporto dell’organizzazione non c’è solo l’Arabia Saudita. I paesi che utilizzano ancora la pena di morte come strumento di legge sono ancora moltissimi. Sono state almeno 657 le esecuzioni nel mondo lo scorso anno e oltre 2300 le condanne a morte comminate. Nel 2019 accanto al regno saudita, si annoverano Iran (251), Iraq (100) ed Egitto (32). Tra le nazioni stilate da Amnesty Inernational manca la Cina, dove i dati sulla pena capitale continuano a essere classificati come segreto di Stato.