
Torna la paura per Ebola: dalla Repubblica Democratica del Congo la segnalazione di nuovi contagi. La malattia che il virus provoca è molto grave, con un tasso di mortalità del 39 che nel 2014 ha ucciso più di 11mila persone in Africa occidentale. L’OMS alza l’attenzione sui contagi registrati e definisce alto il rischio di trasmissione nella regione. L’Ebola, si legge sul sito dell’Organizzazione mondiale della sanità OMS è scoppiata nel 1976 in due focolai contemporanei: in un villaggio nei pressi del fiume Ebola nella Repubblica Democratica del Congo e in una zona remota del Sudan. L’origine del virus non è nota ma – sulla base delle evidenze finora disponibili – i pipistrelli della frutta sono considerati i probabili ospiti del microrganismo. La popolazione umana può contrarre Ebola attraverso lo stretto contatto con sangue, secrezioni, tessuti, organi o fluidi corporei di animali infetti. In Africa, l’infezione è generata dai pipistrelli della frutta che possono infettare animali come scimpanzé, gorilla, scimmie, antilopi di foresta e istrici infetti trovati malati o morti o catturati nella foresta pluviale. Quando l’infezione si manifesta negli esseri umani, il virus si può diffondere tramite contatti diretti attraverso pelle con ferite, o mucose e membrane, con sangue o fluidi di un malato. I fluidi includono: urina, saliva, feci, vomiti, liquido seminale. Il contagio può avvenire inoltre con oggetti quali aghi e siringhe contaminati. Il virus Ebola può essere trasmesso da un soggetto infetto a partire dal momento della comparsa dei sintomi tipici della malattia e in alcuni casi anche dopo l’avvenuta guarigione del paziente. A rischio sono anche i rapporti sessuali fino a due mesi dopo l’avvenuta guarigione.

Il rischio – “La recente segnalazione di una epidemia di Ebola nella Repubblica democratica del Congo non ci preoccupa, perché l’infezione ha colpito in due aree forestali dei paesi Nord Kiwi e Ituri che non si trovano sui percorsi internazionali. Ci preoccupa di più l’insorgenza di questi episodi, già tre negli ultimi 5 anni, perché significa che l’epidemia è latente e può esplodere in qualsiasi momento. Secondo una recente indagine nelle zone colpite negli anni scorsi, molte sono le persone che presentano anticorpi antivirus ebola senza che abbiano mai sviluppato la malattia. Un fatto sconcertante. Purtroppo finchè non si metterà in atto una sorveglianza attiva con la vaccinazione delle persone malate e di tutte le persone che hanno avuto contatti in una sorta di catena ad anello, non ci sentiremo mai sicuri”. Sono le parole del professor Massimo Galli, professore ordinario di infettivologia all’università di Milano presso l’ospedale Sacco e presidente della Società italiana di malattie trasmissibili e immunoematologia, SIMTI. “Non dobbiamo comunque abbassare la guardia – sostiene l’infettivologo – anche se non abbiamo molte armi da mettere in campo, se non cure di sostegno e vaccini. La cosa importante è che la persona infetta sia subito portata dove si possono praticare le cure adatte. Negli episodi precedenti i due operatori sanitari italiani colpiti, provenienti dalle zone dell’Africa, sono stati completamenti guariti. Dei 27 casi che erano stati registrati in Europa e negli Stati Uniti, 5 sono morti. Una percentuale del 18%, molto meno del 39% che riguarda i casi registrati in Africa (28.616 casi malati o sospetti fra Guinea, Liberia e Sierra Leone nel 2016, con 11.160 decessi).

Diagnosi – Possiamo quindi stare tranquilli, visto che vaccini e indagini diagnostiche ci permettono di affrontare una eventuale insorgenza epidemica in Italia e in Europa. Secondo il dottor Carlo Roccio, biologo, CEO di Clonit e direttore scientifico di CERBA H C Italia (gruppo internazionale di laboratori di analisi), la nostra unità operativa dispone di un test molecolare per l’individuazione di Ebola nel sangue, messo a punto nel 2014-16 nel corso della grande epidemia. “Al progetto del test – dice Roccio – hanno partecipato 12 istituti di ricerca nazionali per lo studio delle malattie infettive e poi utilizzato in Sierra Leone dagli specialisti dell’Istituto Spallanzani di Roma e da Emergency come partner del progetto di ricerca”.

I contagi – Il virus ebola è una entità presente nei pipistrelli della frutta che possono infettare i cacciatori, un bambino che gioca toccando le feci dell’animale o le persone che macellano gli uccelli, si feriscono e si infettano. Il virus può attaccare anche gli animali, perché la zona interessata ora è popolata da gorilla, scimpanze e piccole antilopi, che possono essere amplificatori delle infezioni. “Terapie certe non ce ne sono – aggiunge Galli – ma si è visto che un determinato cocktail di anticorpi funziona come terapia di sostegno, ma se si riuscisse a diffondere l’uso del vaccino con il sistema ad anello ci sentiremmo molto più sicuri. I governi locali dovrebbero contattare le agenzie internazionali della salute per aprire l’accesso alla vaccinazione. Quindi, per ora, nessun allarme, ma se pensiamo che l’anno scorso si era registrata una nuova epidemia sul fiume Congo, passata inosservata, c’è il rischio che da un momento all’altro l’epidemia esploda senza che ce ne accorgiamo”.

Il virus – L’Ebola non si diffonde tramite aria, acqua o cibo. Non si può contrarre la malattia maneggiando denaro o prodotti alimentari o nuotando in piscina. Le zanzare non trasmettono il virus Ebola. Le persone a più alto rischio sono gli operatori sanitari e le famiglie in contatto con i malati. Il virus Ebola viene ucciso facilmente da sapone, candeggina, luce solare o asciugatura. Il lavaggio in lavatrice di indumenti contaminati da liquidi è sufficiente a distruggerlo. Il virus sopravvive solo per breve tempo su superfici esposte alla luce solare o secche. I segni e i sintomi tipici di infezione da Ebola, spiega l’Oms, sono comparsa improvvisa di febbre, intensa debolezza, dolori muscolari, mal di testa e mal di gola, seguiti da vomito, diarrea, esantema, insufficienza renale ed epatica e, in alcuni casi, emorragia sia interna che esterna. Il periodo di incubazione o l’intervallo di tempo dall’infezione alla comparsa dei sintomi è tra 2 e 21 giorni. L’infezione può essere confermata solo da test di laboratorio. Una cura precoce di supporto con reidratazione e terapia sintomatica, si legge sul sito del Ministero della Salute, migliora la sopravvivenza della persona contagiata. Allo stato attuale non esiste una terapia in grado di neutralizzare il virus, ma sono in fase di studio l’uso di sangue intero e sieri provenienti da soggetti convalescenti e terapie farmacologiche.

Il vaccino – Attualmente esiste un vaccino sperimentale che si è rivelato altamente protettivo contro il virus Ebola. Si tratta del vaccino rVSV-ZEBOV, sviluppato da Merck, studiato in diversi esperimenti che hanno coinvolto oltre 16 mila volontari in Europa, Africa e Stati Uniti. In base ai risultati ottenuti, spiega l’Oms, è stato giudicato “sicuro” per l’uso sugli umani. La sua efficacia è stata studiata in particolare in Guinea su un campione di 11.841 persone nel 2015. Sulle 5.837 persone che hanno ricevuto il medicinale non sono stati registrati casi di Ebola dopo 10 giorni o più dalla vaccinazione. Nel gruppo di controllo, non sottoposto al vaccino, sono stati registrati invece 23 casi. La sperimentazione è stata condotta dall’Oms, in collaborazione con il Ministero della salute della Guinea e altri partner internazionali. In caso di emergenza, anche durante le ultime fasi di test, Merck si era impegnata a fine 2017 ad assicurare 300mila dosi di vaccino.
[P1]d