venerdì, Aprile 19, 2024

Amnesty contro Israele: quando diventa un abuso (Video)

Mentre in Israele ci si chiede se Amnesty International diventi ogni giorno più anti sionista, l’Organizzazione auspica che venga emanata una condanna contro lo Stato ebraico. In un nota diramata il 24 giugno, in particolare, l’Ong lancia pesanti accuse dirette alle forze di occupazione israeliane. Le quali avrebbero commesso gravi violazioni nei confronti dei palestinesi. In maniera deliberata e continuativa.

Amnesty contro Israele?

Il 24 giugno scorso, Amnesty International ha denunciato la polizia israeliana di uso eccessivo e non necessario della forza. A sostegno delle sue accuse, l’Organizzazione ha prodotto 29 messaggi di testo e file audio dai canali Telegram e da WhatsApp. In questo modo, l’Ong ha dimostrato come tali app siano state impiegate dai suprematisti ebrei per reclutare uomini, organizzare e condurre attacchi ai danni dei cittadini palestinesi. Il tutto tra il 10 e il 21 maggio. In particolare nelle città miste, dove vivono arabi e israeliani. Tra cui Haifa, Acri, Nazareth e Lod. Ma non solo. Perché il lungo elenco di violazioni ascritte alle forze di sicurezza israeliane riguarda anche Gerusalemme. La capitale rivendicata dallo Stato ebraico. Nonché la Cisgiordania e i Territori occupati. Oltre che la Striscia di Gaza.

Prove

L’indagine si riferisce sia agli “arabi israeliani” sia ai “palestinesi”. Come riporta l’Ong, questi messaggi includevano istruzioni sul dove e quando radunarsi; sul tipo di armi richieste e persino sugli abiti da indossare. In modo tale da non incedere in errore e confondere ebrei di origine mediorientale con arabi palestinesi. In aggiunta, Amnesty ha intervistato 11 testimoni. Mentre il suo Crisis Evidence Lab ha vagliato 45 video e altri file digitali per documentare oltre 20 casi di quelle che ha definito “violazioni della polizia israeliana”. Tutte avvenute tra il 9 maggio e il 12 giugno. Un periodo in cui centinaia di palestinesi sono rimasti feriti nella repressione. E un ragazzo di 17 anni ucciso.


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Breve excursus

Ma per capire da che parte penda l’ago della bilancia è necessario fare un passo indietro. Più precisamente, al 12 aprile scorso. Il contesto è quello delle proteste di decine di migliaia di fedeli palestinesi, ostacolati dalla polizia israeliana nelle celebrazioni del Ramadan. Il mese santo dell’Islam. In realtà, si è trattato di proteste per lo più pacifiche. Nonostante una minoranza di rivoltosi abbia attaccato gli agenti e le caserme di polizia, lanciando pietre e appiccando il fuoco. Allora, le forze di sicurezza israeliane hanno disperso la folla dei manifestanti. Palestinesi. Al contrario, gruppi ebraici di estrema destra continuano a organizzare i propri cortei. L’ultimo risale al 15 giugno scorso, quando migliaia di settlers (“coloni”) e suprematisti hanno marciato nei quartieri palestinesi di Gerusalemme Est.

Tensioni

A ben vedere, proprio l’area occupata della Città Vecchia aveva catalizzato le tensioni. La prima volta, la situazione era degenerata il 6 maggio. Allora un tribunale del distretto di Gerusalemme Est, occupata, aveva ordinato lo sgombero di alcune famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah. Gli sgomberi forzati avrebbero preluso a una seconda ondata di rivolte. Poi sfociate nella quarta guerra contro Hamas. Un’offensiva iniziata il 10 maggio e “sospesa” da un labile cessate-il-fuoco undici giorni più tardi.


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Amnesty contro gli estremisti in Israele

In questo contesto è esemplare quanto accaduto il 12 maggio, sul lungomare di Bat Yam. Lì, centinaia di ebrei nazionalisti si sono radunati su ordine del partito politico “Potere ebraico” e di altri gruppi di estrema destra. Osservando i filmati raccolti e verificati da Amnesty, si possono vedere decine di persone che assaltano negozi di palestinesi e incoraggiano gli astanti a unirsi alle aggressioni. Del resto, il messaggio “della chiamata” non dava adito ad alcun dubbio. Né remora. “Stanotte non siamo ebrei, siamo nazisti“. Durante gli scontri, un cittadino palestinese è stato picchiato e investito con un motorino. Per l’incidente, sei israeliani sono sotto inchiesta. Tre dei quali con l’accusa di tentato omicidio e atti di terrorismo. Ma non finisce qui.

Violazioni

In effetti, il rapporto di Amnesty considera anche una sparatoria a Lod, in cui un ebreo di 33 anni è rimasto ucciso durante le violente rivolte nella città mista. In questo caso, il filmato mostra l’uomo vicino a un gruppo di arabi israeliani intenti a lanciare pietre. Quattro persone sono state arrestate dopo l’incidente. Ma subito rilasciate su cauzione. Ciò che è peggio, a detta dell’Ong, è che siano stati gli stessi politici a soffiare sulle braci, incitando alla violenza. Tra questi il deputato Itamar Ben-Gvir, di “Potere ebraico”, che ha esortato i suoi sostenitori a recarsi a Lod e in altre città per proseguire i disordini. Come anche il sindaco di Lod, Yair Revivo, che ha descritto gli eventi in corso in città come un pogrom contro gli ebrei.


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Spiraglio di violenze

Secondo l’Ong, le forze di sicurezza israeliane hanno non solo discriminato ma anche abbandonato i cittadini arabo-israeliani e palestinesi nei disordini che hanno investito lo Stato ebraico. Questo prima, durante e dopo l’operazione Guardiano dei muri. “La polizia ha l’obbligo di proteggere tutte le persone sotto l’autorità di Israele, siano esse ebree o palestinesi. Invece, la stragrande maggioranza degli arrestati durante la repressione della polizia a seguito dello scoppio della violenza intercomunitaria era palestinese“. Così ha detto Saleh Higazi, vicedirettore per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International. “I pochi cittadini ebrei di Israele arrestati sono stati trattati con più indulgenza“, ha osservato.

Amnesty contro la polizia di Israele

In questo quadro, gli agenti non sarebbero riusciti a proteggere i palestinesi dagli attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebrei armati. Sebbene questi avessero divulgato i propri intenti con largo anticipo. Per i ricercatori di Amnesty, dunque, la polizia israeliana avrebbe condotto una “campagna repressiva discriminatoria”. La quale comprende un melting pot di violazioni che variano dagli arresti di massa all’uso eccessivo della forza. Fino ai maltrattamenti e alla tortura dei detenuti. Così sarebbe avvenuto il 12 maggio nella stazione di polizia del Russian Compound, (Moskobiya), a Nazareth. Difatti, l’Ong ha riportato il resoconto di un testimone oculare. Che ha riferito ad Amnesty di aver visto le forze speciali picchiare un gruppo di otto detenuti legati, arrestati nel corso di una protesta.

Testimonianza

Era come un brutale campo di prigionieri di guerra“, ha riferito la fonte. “Gli ufficiali colpivano i giovani con manici di scopa e li prendevano a calci con stivali ricoperti di acciaio. Quattro di loro hanno dovuto essere portati via in ambulanza e uno aveva un braccio rotto“, ha concluso. Il 24 maggio, poi, le autorità israeliane hanno condotto l’operazione Legge e ordine. Per lo più a scapito dei manifestanti palestinesi. Un modo per regolare i conti e dissuadere altre proteste, a detta dei media locali. Dello stesso avviso è Mossawa, un gruppo per i diritti umani arabo-israeliano.

Altri gruppi

L’organizzazione ha riferito che al 10 giugno scorso la polizia aveva arrestato oltre 2.150 persone. Di questi, il 90% dei detenuti erano arabi e palestinesi che vivono in Israele. Mentre Adalah, un altro gruppo arabo-israeliano per i diritti umani, riferisce che sono state presentate 184 accuse contro 285 imputati. Di questi, solo 30 ebrei israeliani figurano tra gli imputati. Secondo l’Alto comitato di follow-up per i cittadini arabi di Israele, la maggior parte dei palestinesi fermati sono incriminati per reati come “insulto o aggressione a un ufficiale di polizia”. O ancore “partecipazione a un raduno illegale”, piuttosto che per danneggiamento. Una fattispecie criminosa più grave.


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Amnesty chiede misure contro Israele

Secondo Amnesty, il comportamento della polizia e la mancata condanna, (se non il vero incitamento), delle violenze potrebbero aggravare uno scenario di forti tensioni. I cui effetti si sono palesati in occasione della “quarta guerra di Gaza”. Come ha precisato Higazi, “Le prove raccolte da Amnesty International dipingono un quadro schiacciante di discriminazione e spietata forza eccessiva da parte della polizia israeliana contro i palestinesi in Israele e nella Gerusalemme est occupata“. Inoltre, il vicedirettore ha aggiunto che la politica di polizia è stata “orchestrata come un atto di ritorsione e intimidazione per schiacciare le manifestazioni pro-palestinesi e mettere a tacere coloro che si pronunciano per condannare la discriminazione istituzionalizzata di Israele e l’oppressione sistemica dei palestinesi“.

Dura realtà

La polizia israeliana dovrebbe proteggere il diritto alla libertà di riunione, non lanciare attacchi contro manifestanti pacifici. La Commissione d’inchiesta del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, istituita nel maggio 2021, deve indagare sull’allarmante modello di violazioni da parte della polizia israeliana“, ha affermato Saleh Higazi. Parole cui fa eco l’accusa di Molly Malekar, direttrice di Amnesty International in Israele. “Il ripetuto fallimento della polizia israeliana nel proteggere i palestinesi dagli attacchi organizzati da gruppi di suprematisti ebrei armati e la mancanza di responsabilità per tali attacchi è vergognoso e mostra il disprezzo delle autorità per la vita palestinese“.


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