L’Amazzonia sta sparendo per l’ipocrisia di Bolsonaro

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Il polmone verde del pianeta è ancora sotto attacco dalle politiche governative dello stesso presidente del Brasile: Jair Bolsonaro. Il millantatore degli effetti del cambiamento climatico e del Covid, ora, chiede miliardi di dollari alla comunità internazionale per salvare l’Amazzonia.

Cosa succede in Amazzonia?

Secondo quanto riportato alla BBC, per parola di un ufficiale della polizia ambientale brasiliana che i tagli ai fondi governativi agli equipaggiamenti provenienti dall’estero e le rivolte in corso hanno lasciato le autorità con scarse risorse per proteggere l’Amazzonia. In particolare dal taglio e dal trasporto di legname illegale e dall’attività estrattiva abusiva.

Summit sul clima

Durante il Summit internazionale sul clima organizzato da Biden, il presidente brasiliano ha detto che servirà uno sforzo economico molto importante da parte della comunità internazionale stessa. “Di fronte all’entità degli ostacoli, anche finanziari, è fondamentale poter contare sul contributo di paesi, imprese, entità e persone disposti ad agire in modo immediato, reale e costruttivo per risolvere questi problemi”. Problemi, però causati della politica isolazionista dello stesso Bolsonaro e dal conseguente rifiuto di sostegno estero durante i primi fuochi dell’agosto 2019.


Il polmone verde in fiamme


Retrospettiva di breve memoria

Bolsonaro è stato eletto nel 2018 con il 46% dei voti. Nell’agosto del 2019 i cieli del Brasile erano neri in pieno pomeriggio. Quelle immagini hanno fatto, in un battito di ciglia, il giro del mondo. L’Amazzonia era in fiamme. L’area colpita dagli incendi era enorme e continuò a bruciare fino ad autunno. Da agosto ad ottobre 2019 andarono in fumo 143000 kmq di vegetazione, a causa di più di 50000 incendi dolosi. Bolsonaro si era adirato contro le Ong che riportavano gli incendi, sorvolando su chi avesse effettivamente appiccato gli incendi. L’azione più famosa fu quella contro Leonardo di Caprio accusato di aver finanziato i piromani. Mentre l’attore aveva raccolto ben 5 milioni di dollari per preservare l’Amazzonia stessa. Il sostegno internazionale crebbe nel 2019 ma il presidente Bolsonaro non volle intromissioni e/o sostegni dall’estero. Inoltre le sue ire si concentrarono sulla Francia di Macron, deridendo in un post Twitter la premiére dame.

Amazzonia: negare sempre

Bolsonaro divenne, così, il numero uno a disconoscere le condizioni ambientali disastrose del proprio paese negando sempre la realtà dei fatti. A livello globale è uno dei principali detrattori dei cambiamenti climatici attuali. Anche durante l’Assemblea Generale dell’Onu a settembre 2019 dichiarò che: “è sbagliato dire che l’Amazzonia è un patrimonio globale e dire, come dice la scienza, che l’Amazzonia è il polmone del mondo”.


Il sostegno internazionale rifiutato


L’anno più infuocato

Nel 2020 la foresta è tornata a bruciare, a settembre si sono registrati il 60% di incendi in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Gli incendi hanno toccato soprattutto il Pantanal, la zona umida più grande del mondo e patrimonio dell’umanità. Tale area si estende per la maggior parte in Brasile ma tocca anche altri due stati: Bolivia e Paraguay. Il Pantanal è un’emblema della biodiversità naturale. Nel 2020 la zona subì più incendi di quanti ne siano mai stati registrati. Difatti 2.3 milioni di ettari di foresta pluviale sono andati in fumo. Bolsonaro ha, nuovamente, negato la realtà dei fatti. Oltre ciò dalle istituzioni arrivano messaggi equivoci per esempio che non vi saranno più multe per chi sta deforestando.

Conseguenze per il Brasile

L’avvampare di incendi e il convertirsi dei terreni ad altre forme di sfruttamento ha già portato a gravi conseguenze nel clima brasiliano. Difatti alluvioni e periodi di siccità si alternano molto più frequentemente di prima. Secondo Global Forest Watch, dal 2002 il Brasile al 2020 ha perso 59.8 milioni di ettari di vegetazione. Negli anni in cui Jair Bolsonaro ha guidato il Brasile, tre, vi è stata una fortissima accelerazione delle pratiche di deforestazione del polmone del mondo. Le foreste, in sostanza, diventeranno praterie per la coltivazione della carne brasiliana.

Amazonricatto

L’obiettivo di Bolsonaro è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il progetto è quello di salvaguardare l’Amazzonia per mezzo di una polizia forestale che prevenga e combatta le attività illegali nella foresta. Ma allo stesso tempo, il Mr. Bolsonaro ha ridotto il budget per il ministero dell’ambiente approvando un taglio al bilancio. Un giorno dopo aver garantito di aumentare la spesa per contrastare la deforestazione al summit tenutesi per il clima (22/23 aprile).

Qual’è il budget per salvare l’Amazzonia?

Il budget è il più basso degli ultimi 13 anni per la difesa dell’ambiente. La proposta di bilancio del governo è di 2,9 miliardi di reais (530,50 milioni di dollari), secondo un’analisi dei registri pubblici di Contas Abertas. Inoltre il Brasile sta negoziando con gli Stati Uniti una sponsorizzazione di un miliardo di dollari ogni 12 mesi in cambio del quale verrà ridotta la deforestazione del 30-40%. Il ministro dell’ambiente Salles ha dichiarato che: “senza la liquidità straniera extra il Brasile non sarà in grado di impegnarsi per un tale obiettivo di riduzione.”

Bolsonaro vuole davvero salvare l’Amazzonia?

Contas Abertas, un’organizzazione no profit brasiliana che monitora le spese governative, dichiara che solo un terzo del denaro andrebbe direttamente alla protezione delle foreste. Mentre il resto verrà speso per lo sviluppo economico per fornire mezzi di sussistenza alternativi a coloro che dipendono dal disboscamento, dall’estrazione mineraria o dall’agricoltura in Amazzonia. Invece gli enti che combattono questa pratica vengono, velocemente, smantellati e le pene in contrasto ai crimini ambientali vengono ridotte creando così una situazione di impunità nella quale regna il caos e anche nuovi virus. L’appello delle ong brasiliane ed internazionali è rivolto verso il presidente Biden al fine che questi non ceda al ricatto di Bolsonaro.