L’Algeria, nel 1830 divenne una colonia francese e lo rimase per 132 anni, sino al 1962.
La storica data del referendum, 3 luglio 1962, sancisce definitivamente l’indipendenza del paese nordafricano dalla potenza francese.
Ma quali furono i mezzi per giungere ad un simile risultato?
Come sempre, in questi casi, la guerra.
Fu opinione comune di storici, cronisti e giornalisti, che si trattò della “guerra più sanguinosa della decolonizzazione africana”.
Come e perché?
Il 5 luglio 1830 le truppe francesi trionfarono su Algeri e conquistarono la città. Questa è riconosciuta come la data di inizio del potere francese sul paese del nord Africa.

I cittadini algerini subirono così il predominio della Francia, terra d’oltre mare, dalla cultura (e religione) completamente estranea alla loro.
A partire dal 1945 violente insurrezioni sparse fecero conoscere il malcontento della popolazione locale, che desiderava fortemente rendersi indipendente dai coloni francesi. Nonostante le dure repressioni, il fuoco che animava le tendenze indipendentiste non si è mai spento del tutto.
Infatti, a partire dal novembre 1954 il malcontento tornò più forte di prima e chi ne sosteneva la causa era più deciso che mai ad ottenere, una volta per tutte, il risultato auspicato: l’indipendenza.
Fu così, che iniziò quella che è passata alla storia come la Guerra d’Algeria.
Dal canto suo, la Francia, non concepiva nemmeno, all’inizio, l’eventualità di una scissione dell’Algeria. Tant’è che l’allora ministro degli esteri François Mitterand dichiarò ufficialmente la strategia da applicare alla circostanza algerina con tre semplici parole “volontà, fermezza, presenza”.
Aggirare il problema… non elimina il problema
Al principio, non si parlava nemmeno di guerra. Era un termine che non veniva preso in considerazione. Nonostante la miccia del conflitto, latente da anni, fosse in procinto di esplodere.
Tuttavia, per quanto, in Francia, si cercò di eluderne la gravità delle conseguenze e per quanto si evitò di pronunciare il termine stesso di “guerra”, nei titoli di giornale all’epoca, il conflitto prese piede, intensificandosi poi nel 1958.
Decine di migliaia di soldati francesi ebbero l’ordine di partire per l’Algeria, a combattere per la Patria. Al contempo, decine di migliaia di soldati algerini difendevano il proprio diritto di essere autonomi dalla potenza straniera.
Il conflitto divenne violento e cruento all’ennesima potenza quando iniziarono ad essere pianificati ed attuati attentati terroristici. L’Algeria, si svegliava ogni mattina, sotto il boato delle bombe, che lasciava ad intendere una sola cosa: morte.
Indipendenza e interventi internazionali
Il conflitto interessò particolarmente, per la sua portata, diverse potenze occidentali ma non soltanto. In particolar modo fu sostenuto dagli Stati Uniti e dall’allora presidente Kennedy nonché in parte dall’URSS e i partiti di sinistra europei.
L’Algeria divenne un vero e proprio esempio anche per molti altri stati, sottoposti a dominio coloniale, che desideravano l’indipendenza.
Dopo anni di sanguinosi massacri, vite interrotte e città rase al suolo, nel 1962 si sancì una tregua, che diede il via ai negoziati per ufficializzare la fine del conflitto.
Infatti, il 1° luglio dello stesso anno ben 6 milioni di cittadini algerini si recarono alle urne, per esprimere il proprio voto, a favore o contro, l’indipendenza.
Il 3 luglio il risultato fu clamoroso. Charles De Gaulle non poté che ufficializzare l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia. Però, gli algerini scelsero il 5 luglio come data da commemorare, in ricordo della presa di Algeri da parte delle truppe francesi, 132 anni prima.
Brigitte Giraud, “Un loup pour l’homme”
Un loup pour l’homme è il nono romanzo scritto dall’autrice, originaria di Sidi-Bel-Abbès (Algeria), Brigitte Giraud. Vincitore del Premio Goncourt nel 2007, è un romanzo in cui convivono l’amore e l’odio, la pace e la guerra, la speranza e la violenza.
In un vortice di sentimenti contrastanti in uno scenario che non lascia spazio all’immaginazione, l’amore di due giovani continua e progredisce sotto il boato dei bombardamenti, sotto gli spari dei cannoni ed alle macerie.
Tra le strade desolate di un paese, ormai stremato, in cui però la vita doveva pur continuare.
È il racconto di un amore così saldo da non frantumarsi nemmeno a contatto con la desolazione della morte all’ordine del giorno, delle urla disperate di dolore dei soldati feriti. È questa dunque, una storia che infonde speranza, e tenta di accendere una luce su un palco completamente al buio.
È particolarmente toccante, la vicenda del protagonista maschile, il ventenne Antoine. Chiamato alle armi, riesce ad ottenere un posto presso l’ospedale militare del presidio di Sidi-Bel-Abbès, convinto di salvarsi dall’orrore della guerra.
Contenuto
Ma non andò esattamente così. Ogni singolo istante trascorso in quell’inferno, si rende conto di non aver tenuto in considerazione il dolore causato dalla distruzione della dignità umana. Certo, non vedeva morire i suoi coetanei sotto il peso delle bombe, ma li vedeva perire a poco a poco afflitti dal dolore fisico e mentale.
Un giovane soldato gravemente ferito, fa il suo ingresso in ospedale, si chiama Oscar ed è traumatizzato per aver subito l’amputazione di una gamba. Nasce una profonda amicizia tra i due giovani ed Antoine si occupa teneramente dell’amico: vuole riuscire a curare le ferite della sua anima, forse in parte per riscattarsi da quella tragica esperienza.
Lila, la sua giovane moglie, incinta, decide di lasciare la Francia per raggiungere il suo uomo in Algeria. È una donna fuori dagli schemi, che dimostra di possedere grande coraggio sfidando gli stereotipi di un’epoca che vede nella donna uno strumento, condannata a subire le nefandezze della vita anziché a viverla. Lila invece pensa con la propria testa ed è determinata a stare vicino al padre di suo figlio, anche in guerra.
Considerazioni
L’autrice qui mette in tutta evidenza il lato più umano, sensibile dell’uomo, a stretto contatto con la morte e le atrocità della guerra. Racconta le violenze del conflitto tramite gli occhi di chi, è costretto a viverle ma non vorrebbe, facendo emergere gli aspetti drammatici della guerra, pur se per una “giusta causa”. Sì, la vittoria c’è stata: l’Algeria è indipendente dalla Francia, ma a quale prezzo? Le vite stroncate, distrutte e segnate per sempre, di milioni di persone.