domenica, Luglio 13, 2025

Albert Schweitzer: il 4 settembre 1965 il mondo perde il primo medico missionario

Ha dedicato tutta la sua vita a curare e a portare sollievo agli indigenti, interpretando il lavoro di medico come una vera e propria missione per fornire un valido aiuto alle persone meno fortunate. Albert Schweitzer è morto a 90 anni il 4 settembre 1965 lasciando un enorme vuoto tra la popolazione africana di Lambaréné dove si era trasferito da tempo per realizzare una serie di progetti volti a garantire terapie a tutti coloro che non potevano permettersele, rimanendo abbandonati al proprio destino. È stato il primo vero medico missionario e il suo esempio ha fatto da apripista a tutti quei dottori che oggi si recano nei luoghi più remoti della Terra per mettere a disposizione degli altri la propria scienza e il proprio sapere.

Albert Schweitzer nacque il 14 gennaio 1875 a Kaysersberg, in Alsazia. Siccome soffriva di piccoli disturbi dell’apprendimento, da bambino fece un po’ di fatica nell’imparare a leggere e a scrivere, ma all’opposto dimostrò fin da subito di avere una grande passione per la musica, e non a caso già a cinque anni aveva imparato a suonare il clavicembalo. Terminato il servizio militare, a 25 anni conseguì la laurea in Filosofia e Teologia. Uomo di grande sensibilità, comprese che il suo scopo nella vita era quello di aiutare gli indigenti e, dopo aver appreso dell’esistenza di un’associazione missionaria parigina in Gabon, si iscrisse alla Facoltà di Medicina.

Albert Schweitzer: dalla laurea in Filosofia e Teologia a quella in Medicina.

Specializzatosi in malattie tropicali, anche se era già diventato direttore del seminario di St. Thomas e aveva dinanzi a sé una carriera accademica avviata, Schweitzer volle comunque lasciare le sue comodità per dare una mano concreta alle persone meno fortunate di lui che non avevano la possibilità di curarsi dalle malattie.

Albert Schweitzer: la prima missione in Africa e gli anni della guerra

Giunto in Africa, Schweitzer si stabilì a Lambaréné, in Gabon, dove insieme alla moglie infermiera, Helénè Breslau, cominciò ad organizzare un primo ambulatorio. L’attività iniziò in un pollaio riadattato a studio medico, mentre tutto intorno il medico e la consorte costruirono delle piccole capanne in bambù per ospitarvi i pazienti. In poco tempo si guadagnò la stima e la riconoscenza della popolazione locale che lo ribattezzò «il dottore bianco» e non solo per il colore della pelle, ma anche per gli indumenti che di solito indossava durante le visite. Siccome i cittadini del Gabon non avevano denaro per pagarlo, spesso gli donavano dei polli, delle capre o dei maiali, ma lui era vegetariano e regalava la carne a chi ne aveva bisogno.

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale il medico missionario dovette fare i conti con numerose difficoltà che gli impedirono di portare avanti il suo lavoro in Africa. Nel 1914, siccome lui e la moglie erano di nazionalità tedesca, furono costretti agli arresti domiciliari. Essendo prigionieri di guerra e al tempo stesso cittadini tedeschi che lavoravano in territorio francese, gli fu consentito di rimanere nel proprio domicilio, ma gli fu vietato di accogliere e visitare i pazienti. Qualche anno dopo la situazione peggiorò ulteriormente quando la coppia fu espulsa dall’Africa e trasferita in un campo di lavoro nella Francia meridionale.

Schweitzer in Gabon divenne il dottore bianco.

Albert Schweitzer fu addirittura accusato di essere una spia tedesca, e i servizi segreti erano convinti che il Kaiser da un momento all’altro gli avrebbe affidato l’incarico di governatore dell’Africa equatoriale. Negli anni della prigionia sia il medico che la consorte contrassero la tubercolosi e la dissenteria che minarono soprattutto le condizioni di salute di Helénè. Intorno ai primi Anni ’20 sembrava che ormai il progetto missionario africano del medico fosse svanito del tutto, ma lui ritrovò la forza di ricominciare, lavorando come assistente presso l’ospedale di Strasburgo e diventando anche pastore della chiesa di San Nicola.

Il suo impegno venne finalmente riconosciuto e l’Università di Zurigo gli riconobbe la Laurea Honoris Causa. Tenne una serie di conferenze durante le quali organizzò delle raccolte fondi per inviare denaro a Lambaréné per il mantenimento del suo primo ospedale durante gli anni della Grande Guerra. Quando riuscì a tornare nel Gabon, però, dovette fare i conti con una realtà ben diversa.

Dal ritorno in Africa al Premio Nobel per la Pace

Nel 1924 Albert Schweitzer trovò il modo per lasciare Strasburgo e tornare in Africa. Qui però trovò di fronte a sé una situazione sconfortante: il suo ospedale era ormai diventato una baracca abbandonata, mentre i piccoli edifici in bambù erano crollati per l’incuria. Ancora una volta però il «dottore bianco» trovò la forza per rialzarsi e rimboccarsi le maniche, e già l’anno successivo il suo progetto ripartì e l’ospedale fu in grado di accogliere fino a 150 pazienti. Nel gennaio del 1927 si verificò un’epidemia e le persone contagiate furono trasferite nella struttura avviata da Schweitzer, e da lì la sua missione umanitaria cominciò a decollare.

L’impegno del medico ebbe finalmente una eco internazionale e il suo esempio iniziò a diffondersi in tutto il mondo. Durante gli anni del nazismo si oppose fermamente al Terzo Reich di Hitler e ciò gli costò l’interdizione dalla sua Germania. Terminata la Seconda Guerra Mondiale, intensificò il suo apporto medico per gli indigenti e nel 1952 ottenne il Premio Nobel per la Pace. Durante la cerimonia di consegna lanciò un appello affinché tutti potessero finalmente dare il proprio contributo di solidarietà ai poveri e destinò il denaro del riconoscimento al completamento dei lavori del Villaggio della Luce per accogliere i lebbrosi.

Schweitzer Premio Nobel per la Pace nel 1952.

Nel 1957 l’amata moglie Helénè spirò e questo triste avvenimento segnò profondamente l’animo di Schweitzer, da sempre legato e profondamente innamorato della sua anima gemella. Continuò comunque a dedicarsi alla salute dei bisognosi fino a quando, il 4 settembre 1965, si spense a 90 anni. Con grande commozione la popolazione di Lambaréné gli porse l’ultimo saluto: migliaia di canoe si riversarono nel fiume circostante per dare l’ultimo saluto al medico missionario che poi fu sepolto nei pressi dell’ansa del corso d’acqua. La stampa occidentale, nell’annunciarne il decesso lo ricordò così: «Albert Schweitzer, uno dei più grandi figli della Terra, si è spento nella foresta».

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Il suo impegno aveva comunque gettato le basi per la nascita e la diffusione delle missioni mediche internazionali, e non a caso dopo la sua morte fu sostituito da Walter Munz, un giovane medico svizzero che a soli 29 anni aveva lasciato la sua vita agiata in Europa per affiancare Schweitzer a Lambaréné.

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Patrizia Gallina
Patrizia Gallina
Patrizia Gallina è una giornalista e conduttrice sportiva presso le emittenti televisive della Liguria. Conosciuta come scrittrice, attrice, cantante e modella, è nata nella città di Genova. Ha conseguito la laurea in Scienze Umanistiche presso l'Università degli Studi di Genova. Coltivo da sempre la mia passione per l'arte, la fotografia, la moda, il giornalismo e il calcio.

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