giovedì, Marzo 28, 2024

Adriana Ivancich, la musa italiana di Hemingway

Lei era una giovane nobildonna veneziana, lui il grande scrittore vecchio e stanco. Gli bastò uno sguardo per ritrovare l’ispirazione.

Per lui fu “come essere stato colpito da un fulmine”. Glielo scrisse più volte ricordando il loro primo incontro, avvenuto nel dicembre del 1948. Lui era Ernest Hemingway, cinquant’anni stanchi di whisky e di guerra e un matrimonio, il quarto, celebrato da soli due anni. Lei la baronessina veneziana Adriana Ivancich, diciotto anni di “splendore e sfrontata giovinezza”.

Come si incontrarono Adriana Ivancich e Ernest Hemingway

A presentarli fu un amico comune; una stretta di mano, uno scambio di sguardi e lui venne folgorato all’istante da “due occhi neri come velluto” e dall’allegria di quella ragazza bruna che gli diceva ridendo di non aver ancora mai letto un suo libro. Se ci rimase male (e ci rimase male) lo scrittore non lo diede a vedere. Otto mesi più tardi confesserà a un amico, critico del New York Times : “L’amavo già più di chiunque altro al mondo”. Hemingway trascorse il resto della giornata a parlare fitto fitto con quella ragazza e lei, forse perchè alla fine della guerra aveva perso il padre a cui era molto legata, o forse no, non riuscì a non sentirsi lusingata dalle attenzioni dello scrittore, tanto da accettare il suo invito a pranzo per l’indomani.  Così ebbe inizio la liaison amorosa che non solo avrebbe cambiato i destini di entrambi, ma avrebbe anche cambiato la storia della letteratura. Hemingway, che ormai non scriveva niente da dieci anni, senza quell’incontro non avrebbe mai scritto ‘Di là dal fiume e tra gli alberi’, nè avrebbe dato alle stampe ‘Il vecchio e il mare’ che gli valse il premio Pulitzer nel ’53 e il Nobel nel ’54. “Sei la mia musa” le ripeteva lui. “Non riuscivo più a scrivere, è grazie a te che ho ricominciato a farlo.”

Chi era Adriana Ivancich

Lui la chiamava “Daughter”, figlia; lei semplicemente “Papa”, all’americana senza accento finale. Giravano insieme per le calli di Venezia, pranzavano nei ristornati e al Florian parlando per ore e ore; anche lei scriveva: “Scrivevo poesie da quando avevo 14 anni e Papa mi dava consigli incoraggiandomi a continuare.” Presto, a Venezia, questo rapporto era sulla bocca di tutti perchè gli Ivancich erano una famiglia di antica nobiltà e grandi ricchezze, anche se la guerra li aveva “impoveriti”. Mentre Hemingway era Hemingway: con trent’anni più di lei, pluridivorziato e sposato.

La madre di Adriana Ivancich, Dora Betti, ovviamente non gradiva e per normalizzare socialmente la situazione invitò a pranzo lo scrittore con la moglie, Mary Walsh, ma lei non si presentò essendosi fratturata una gamba. Questo aveva dato luogo a nuovi pettegolezzi, ma furono niente rispetto alle maldicenze provocate nel 1951 da alcune copie in lingua originale di ‘Across the river and into the trees’ arrivate in Italia mentre Adriana e la madre erano ospiti a Cuba di Hemingway. La descrizione di un incontro consumato furtivamente in una gondola scatenò le malelingue e costrinse Dora Betti e la figlia a tornare in Italia per fronteggiare lo scandalo. Hemingway, invece, cercò di proteggere la reputazione di Adriana proibendo la pubblicazione in italiano del romanzo per dieci anni.

La storia d’amore

Tra Adriana Ivancich e Papa il rapporto continuò ininterrotto per sette anni, fino al 1955. Lui era perdutamente innamorato, le scriveva “I love you. […] E se tu non mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due.” Lei, invece, era sempre innamorata di qualcun’altro. Si videro per l’ultima volta nel ’54 dopo due terribili incidenti aerei in Uganda in cui lo scrittore aveva rischiato la vita; Adriana l’aveva pianto per morto, ma lui le aveva mandato un biglietto: “Non ti ho mai amata così tanto come nell’ora della mia morte.” Un anno dopo lei lo lasciò: aveva incontrato l’uomo che credeva fosse quello della vita e lui le aveva detto che se avesse dimostrato la volontà di tagliare i ponti con il passato, bruciando le lettere di quell’Hemingway, l’avrebbe sposata. Adriana ne gettò nel fuoco mille, forse millecinquecento, senza sapere che non erano tutte; suo fratello ne aveva nascoste sessantaquattro che ora sono custodite alla John Kennedy Library di Boston. E il fidanzato, alla fine, non la sposò.

La notizia del suicidio dello scrittore, avvenuta nel 1961 con un colpo di fucile in bocca, la raggiunse come un colpo allo stomaco, ma lui l’aveva preparata all’addio scrivendole: “Qualcuno penserà questo, qualcuno penserà quello e soltanto tu e io sapremo e saremo morti.”, come una premonizione. Nonostante un marito, due figli, una bella casa in Maremma e una vita agiata, Adriana iniziò a cadere in un disagio psichico e tentò il suicidio una prima volta. Pensò che raccontare la sua storia con Hemingway l’avrebbe aiutata a ristabilire la verità, a mettere a tacere le maldicenze e nel 1980 uscì il suo libro “La torre bianca”. Tre anni più tardi, a 53 anni, uscì di casa all’alba, scalza, attraversò il prato della sua tenuta. Il marito la trovò appesa a un albero. Qualcuno penserà questo, qualcuno penserà quello e soltanto tu e io sapremo.

Sowmya Sofia Riccaboni
Sowmya Sofia Riccaboni
Blogger, giornalista scalza (senza tesserino), mamma di 3 figli. Guarda il mondo con i cinque sensi, trascura spesso la forma per dare sensazioni di realtà e di poter toccare le parole. Direttrice Editoriale dal 2009. Laureata in Scienze della Formazione.

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