Sabato 30 marzo, a Verona ha sfilato il corteo transfemminista antifascista e antirazzista organizzato da Non Una di Meno.
Un’aria densa di aspettative è quella che si respirava ieri a Verona. Il lungadige si presentava stranamente vuoto all’ora di pranzo; i locali aperti, con tanto di musica, ma i tavolini vuoti. Insolitamente sgombre anche le via attigue all’Università. Pochissimi ragazzi che camminavano lenti sui marciapiedi. E i pensieri vanno a quello striscione, il simbolo di un’università che ha preso una netta posizione contro il Congresso delle famiglie.
Nelle vie dove si attendeva il corteo, regnava il silenzio nel primo pomeriggio. Dei negozianti uscivano, scrutavano l’imbocco della via: da lì sarebbero arrivati i manifestanti. “Non è un solito pomeriggio” ci ha detto una residente, “già da ieri sera, le volanti della polizia circolavano a passo d’uomo. Ci si aspetta che accada qualcosa con il corteo, ma non si sa bene cosa”. Ma lo ha detto sorridendo: si attendeva un corteo di persone che acclamano la libertà propria e altrui, non c’era davvero nulla di cui preoccuparsi.
Nel frattempo a qualche centinaia di metri il centro città si presentava blindato. Poliziotti schierati davanti al palazzo della Gran guardia dove stavano ancora parlando i relatori del Congresso, nelle vie circostanti, nella centralissima Piazza Brà. Alcune strade erano già serrate con barriere antisfondamento sorvegliate da agenti. “Si può passare,” ci ha spiegato un agente, “ma poi non potete più tornare indietro da qui”. Avviandosi verso la stazione di Verona PN, luogo di partenza del corteo, si trovavano numerosi gruppi, si udivano cori, musiche in lontananza. Ci si preparava alle 14:30, orario di inizio ufficiale della manifestazione.
Il corteo è iniziato puntuale. Un momento di tensione, unico, c’è stato quando i manifestanti hanno alzato fumogeni rosa indirizzati verso la Gran guardia. Per il resto, il corteo, come atteso, ha sfilato tranquillo, preceduto da volanti di polizia e agenti a piedi. I manifestanti sono avanzati a ritmo di musica, cantando, sventolando bandiere e innalzando manifesti. Mentre avanzavano, invitavano tutti i residenti ad unirsi alla manifestazione.
Tra i manifestanti ce n’erano di tutte le età, dalle femministe della prima ora a giovanissime attiviste, famiglie e numerosi passeggini. La Questura parlava di 30000 persone coinvolte in questa marea fucsia che ha attraversato Verona. “Siamo 100000!” ha scritto, invece, l’associazione Non Una di Meno sul suo profilo Twitter, aggiungendo: “Siamo la luna che muove le maree e cambieremo il mondo con le nostre idee”.
Tra gli slogan urlati dai manifestanti spiccava quello storico: “Sul mio corpo decido io”. Ma ne venivano scanditi numerosi: “La religione è l’oppio dei popoli”, “Insieme siam partite e insieme torneremo, non una, non una, non una di meno!”. C’era chi ricordava che Verona è la città dell’amore e che l’amore nasce tra persone, indipendentemente dal sesso. Innalzato anche il cartello mostrato da Monica Cirinnà, “Dio, Patria, Famiglia, che vita di merda!”. “Liberi corpi in libera terra” si leggeva su uno striscione, e poi “Dio è donna” su un altro manifesto, “Giù le mani dai nostri desideri!” e poi lo striscione fucsia con scritto “Stato di agitazione permanente!”.
A Verona anche i volti della politica tra i quali Fiano, Fratoianni, Boldrini. Proprio Laura Boldrini, riferendosi al Congresso delle famiglie ha esclamato: “Là ci sono i ministri. Là si negano le leggi dello stato. Qua si affermano!”. Mentre Matteo Salvini, dal Congresso, ha dichiarato che il suo interesse è la libertà di scelta, che non vuole entrare nel merito della scelta di una donna di partorire o abortire ma vuole che esiste la concreta possibilità di scegliere. Mentre Luca Zaia, già nei giorni scorsi, ha affermato che l’omofobia è una malattia e non l’omosessualità e che non è in discussione la legge 194. Ben diversa la posizione del ministro Fontana che vorrebbe abolirla.
I manifestanti hanno creduto poco a questa moderazione dei politici. Alcuni ci hanno detto chiaramente di essere scesi in piazza per difendere dei diritti che sono stati acquisiti, ma che vengono rimessi in discussione dalla politica e dal Congresso. “Siamo qui perché anche in futuro, le prossime generazioni abbiano i diritti che abbiamo conquistato lottando e che oggi vengono messi in discussione” ha detto una manifestante.
Si sottolinea comunque, che la manifestazione non era in alcun modo contro la famiglia composta da uomo e donna e figli, bensì era una manifestazione a favore della famiglia. Di qualsiasi tipo essa sia; composta da una coppia eterosessuale, da una coppia omosessuale, con figli o senza, o monogenitoriale.