A un passo dal confine: quello che non vi dicono

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La sveglia suona alle 4:30. Stiamo aspettando un mezzo che deve prendere del materiale da portare in Ucraina. E cosi ci ritroviamo seduti in ufficio, io, Andrea, Leonardo e Alberto. Chiacchieriamo, aspettando il messaggio che ci avverte dell’arrivo del furgone. E come normale si chiacchiera di quello che succede, le solite raccomandazioni, le solite osservazioni. Ancora una volta ci troviamo a raccontarci quanto sia complicato far capire a voi, che mi leggete, quello che davvero sta succedendo in Ucraina ora. Perchè mentre lo raccontiamo, mentre ne parliamo, sembra tutto cosi strano, cosi finto, cosi fuori da ogni immaginario che anche a noi sembra impossibile. E invece è vero.

Quello che non vi dicono

Perché i giornali, italiani ma non solo, non ve la raccontano tutta la verità di quello che succede. E lo so che direte che molte delle cose che leggerete oggi qui sono esagerate. Non importa. Noi sappiamo che sono vere. Perché le abbiamo viste, perché le abbiamo filmante, perché le mamme che arrivano ce le raccontano ogni giorno. Ed è per questo che non ci fermiamo, che ci alziamo alle 4:30 e carichiamo un furgone di riso, vestiti, powerbank. E’ per quello che sto per dirvi che non possiamo aspettare che “qualcuno ci pensi”. Siamo seduti alle scrivanie a Cracovia, in una zona tranquilla come sempre, con il rumore del traffico della città che si sveglia e delle dita sulle tastiere dei pc. Per noi è tutto troppo normale. Andrea è appena rientrato dall’ennesima missione in Ucraina. Anche a lui chiedono, dall’Italia, chi glielo fa fare di continuare ad andare di là, invece di starsene tranquillo. Ogni volta arrivano storie sempre più grandi da digerire. Arrivano racconti atroci che non troverebbero posto nemmeno nei romanzi horror dei più grandi maestri. E non è una fiction quella che vediamo e sentiamo ogni giorno. E se non ve la raccontano è perché sanno che la vostra mente non è in grado di elaborarla, questa realtà che sta perdendo i colori.


Storie di bambini e bambini

Ormai tutti sappiamo delle fosse comuni di Bucha e di Lyman, sappiamo della strage di Mariupol, sappiamo delle bombe sulle centrali elettriche. Quello che è atroce è che anche in questi casi, in Europa, per avere la certezza che queste cose sono accadute avete dovuto avere la conferma della CNN e della BBC. Non vi bastavano le denunce dei volontari, che sono arrivate tanto tanto tempo prima, no. Noi volontari siamo esagerati, ce lo dite sempre. E allora, esageriamo ancora un po’, tanto a voi la cosa non cambia. Chi crederà alle nostre parole lo farà comunque, e magari qualcuno cambierà idea e inizierà a capire perché non possiamo stare fermi. Non molto tempo fa, è arrivata una mamma in fondazione, con un bambino piccolo, di un anno circa. Una mamma che sapeva l’inglese e arrivava da zone liberate da mesi di invasione russa. Per scappare hanno usato un vecchio autobus d’evacuazione, uno di quei mezzi che ogni giorno fanno spoletta per portare civili fuori da zone di pericolo, quei mezzi di cui voi non sapete nulla, molti dei quali saltano, come quello di Zaporizhzhia di un mesetto fa. Con quel bus hanno percorso diversi chilometri, qualche ora di strada prima di arrivare a Kyiv e poter prendere un treno per arrivare poi in Polonia. E con quel bus sono passati attravero altri villaggi, non grandi città. Villaggi che a loro volta erano stati sotto dominazione russa e da poco liberati. Villaggi dove il passaggio dei russi era ben segnalato. Da teste di bambini sui pali fuori dalle case. Sembra strano persino scriverlo. Ma è quello che succede. Bambini sui bus che scappano passano da vie dove vedono teste di bambini che segnalano che qui, i russi, la pulizia etnica l’hanno già fatta. NOn è un messaggio per gli ucraini o per il resto del mondo. E’ un messaggio dai russi ai russi. “Qui ci siamo già stati, non fermatevi e cercate oltre”. Ecco cosa sono quelle teste.

Morti di fame e freddo

Da quando è iniziata la guerra molti che non possono scappare si rintanano nelle cantine in attesa del momento migliore per uscire e scappare. E molti non escono più. Alcuni preti ci hanno raccontato che, una volta liberato il villaggio, hanno fatto il giro delle case dei loro fedeli per vedere di portare aiuto a chi ne aveva bisogno e di aver trovato tante persone morte di stenti e freddo nelle cantine. Perchè la scelta era difficile. Restare nascosti in cantina e morire di fame, o uscire per cercare qualcosa da mangiare e venire giustiziati sulla porta di casa dai russi. E questo succede ancora non solo nelle zone occupate. Succede in tutte le zone in cui “passano” i russi. Perchè non è vero che i russi sono solo dove li stanno combattendo e che gli ucraini stanno rimandandoli tutti a casa. Questo è quello che vi raccontano i giornalisti tesserati italiani che non possono scrivere altro. E che spesso in Ucraina manco ci sono stati. Loro non li hanno visti i morti di fame e di freddo, quindi non esistono.

La falsa normalità

Sui giornali italiani oggi ci sono foto di ristoranti aperti in Kyiv come se la guerra non esistesse. In realtà quei ristoranti sono aperti perchè la gente ha bisogno di lavorare, i volontari di mangiare. E cucinano su improvvisate cucine a gasolio, e si mangia a lume di candela, spesso interrotti dalle sirene antiaeree che ti fanno mollare tutto e nasconderti nel bunker più vicino. Una normalità falsa, ma per i volontari sufficiente a ricordare ogni momento quanto noi occidendali siamo fortunati anche quando ci lamentiamo. In casa nostra, in Italia dovremo tenere un grado in meno di riscaldamento, e ci chiediamo come sopravviveremo. Dovremo rinunciare al mezzo chilo di pane al giorno, perché costa troppo caro, ma non saremo costretti a cucinare i nostri cani per far mangiare i nostri figli. Esagerata? No. La normalità in moltissimi villaggi ucraini oggi, dopo oltre 8 mesi di invasione russa in Ucraina.

Foto di Alberto Plaza Figuerola