giovedì, Aprile 25, 2024

91 anni dalla morte di Italo Svevo: il coraggio di essere vivi

Novantun’anni fa, come oggi, moriva – a Motta di Livenza – Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, scrittore e drammaturgo italiano.

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Tra le prime esperienze lavorative di Svevo vi è una collaborazione con il giornale di carattere socialista, L’indipendente, per il quale scrive recensioni e saggi. Nel 1890 pubblica i suoi primi racconti, Una lotta e L’assassinio di via Belpoggio, sotto lo pseudonimo “Ettore Samigli”. In questo stesso periodo inizia a scrivere commedie e il suo primo romanzo, Una vita, che viene pubblicato nel 1892, lo stesso anno in cui muore il padre. L’indipendente non è l’unico giornale che lo vede collaboratore, infatti Svevo lavora anche per Il Piccolo e, inoltre, ricopre la cattedra all’Istituto Revoltella.

“Una vita” – originariamente intitolato “Un inetto”, proprio per sottolineare la psicologia del protagonista del romanzo – è narrato in terza persona e ha evidenti influenze del Realismo francese della prima metà dell’Ottocento, ciò si evince dalla presenza della figura di “arrampicatore sociale” che richiama l’opera di Stendhal, Il rosso e il nero e quella di Balzac, Papà Goriot. È Alfonso Nitti il protagonista, un inetto, un frustrato e incapace di comunicare. Nonostante ami la letteratura, diventa un impiegato bancario. Innamorato di Annetta, figlia del suo amico banchiere Maller, inizia una relazione che lo farà fuggire a un passo dalle nozze. Di questa fuga però se ne pentirà presto, ma non vi sarà rimedio. L’inetto sceglierà di suicidarsi e di porre fine alla sua vita da “disadattato”.

Il suo secondo romanzo, Senilità (1898), viene pubblicato a puntate sull’Indipendente e, dopo essere stato snobbata dalla critica, Svevo lo pubblica a proprie spese senza però ottenere alcun successo. Nel ’27 pubblica una seconda edizione presso l’editore Morreale di Milano con lo stesso titolo, Senilità, che rimanda all’incapacità di agire degli anziani. Il protagonista dell’opera è il trentacinquenne Emilio Brentani, impiegato presso una compagnia di assicurazioni e scrittore per passione. È un giovane monotono che, d’un tratto, si innamora di Angiolina, nonostante la pessima fama che la precede. Infatti più volte tradirà il giovane innamorato, scatenando una serie di eventi.

Il terzo e ultimo romanzo, La coscienza di Zeno, è un romanzo piscologico pubblicato nel 1923. È un’analisi psicologica del ricco protagonista Zeno Cosini, un inetto – proprio come Alfonso Nitti ed Emilio Brentani – che non riesce a liberarsi del vizio del fumo e così è in continua ricerca di una guarigione del suo malessere. Il romanzo, a differenza dei due precedenti, è narrato in prima persona attraverso un narratore interno. Zeno rappresenta perfettamente l’inetto sveviano: è un uomo indeciso, inadeguato, incapace di prendere in mano ogni situazione.

I protagonisti dei tre romanzi di Svevo sono affetti dall’inettitudine e sono accomunati dal male di vivere, incapaci di governare la propria esistenza. Nessuno di loro nutre amore per la vita, ma piuttosto lottano per sopravvivere, per fuggire da questo senso costante di inferiorità e inadeguatezza. Per questo motivo oggi Svevo è attualissimo e ci si può facilmente identificare nelle figure dei suoi romanzi. Nel raccontare queste storie simili e al contempo diverse, lo scrittore ci invita a “stringere i denti”, a non cedere all’inettitudine, a non perdere di vista l’amore per la vita, ad essere soprattutto coraggiosi. Ci invita a reagire sempre dinnanzi agli eventi, senza arrendersi. Perché ogni istante è unico e irripetibile e, piuttosto che essere inetti, è tempo di essere vivi.

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Chiara Paone
Chiara Paone
Scrivere è il mio contatto con la vita.

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