lunedì, Novembre 11, 2024

9 maggio 1978: veniva ucciso dalla mafia Peppino Impastato 

Ricorre oggi il trentanovesimo anniversario della morte di Peppino Impastato, giornalista e attivista contro la mafia che imperava nella sua Cinisi, in provincia di Palermo. 

“Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove maggio settantotto. La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato…” 

Il testo della canzone “I cento passi”, dei Modena City Ramblers (omonima del film di Giordana, vincitore di molti premi), ricorda che nella stessa notte della morte di Peppino, legato ad un binario e fatto esplodere con il tritolo, fu trovato il corpo dell’On. Moro, ucciso dalle Brigate Rosse: la portata dell’evento relegò la notizia della morte del giornalista siciliano alla cronaca locale. 

Peppino Impastato, nato nel 1948, apparteneva ad una nota famiglia mafiosa di Cinisi, strettamente legata al boss locale Gaetano Badalamenti; proprio cento passi separavano le due abitazioni: in giovanissima età prese le distanze dalla tradizione famigliare, conducendo una lotta contro la mafia senza esclusione di sbeffeggi, durante le trasmissioni della sua Radio Aut, fondata insieme ai suoi amici del circolo “Musica e Cultura”. 

Legato al Partito Comunista, Peppino decise di candidarsi al Consiglio Comunale: “li marco stretti, li costringo a seguire le regole” (cit. dal film “I cento passi”).

Non fece in tempo a sapere l’esito delle elezioni: la notte tra l’8 e il 9 maggio, in seguito ad un agguato, fu ucciso. Pochi giorni dopo la popolazione votaancora il suo nome, riuscendo ad eleggerlo simbolicamente.

Nel 1996, in seguito alle dichiarazioni di Vito Palazzolo, che indica in Gaetano Badalamenti quale mandante dell’omicidio, l’inchiesta viene riaperta. 

Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole, come esecutore materiale, condannandolo a trent’anni di reclusione. 

L’11 aprile 2002 anche Gaetano Badalamenti è stato riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo.

La voce di Peppino viene tenuta in vita dai suoi famigliari, tra cui il fratello Giovanni e la madre, Felicia, fino alla sua stessa morte, e dal Centro Impastato, che promuove iniziative di educazione alla legalità e alla lotta contro la criminalità organizzata. 

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