Giuseppe Impastato perse la vita nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978. I sicari del boss mafioso Gaetano Badalamenti uccisero ” Peppino”.
Il giovane sicialiano fu prima tramortito a colpi di pietra e poi fatto saltare in aria con il tritolo sui binari del treno Palermo-Trapani. I pezzi del corpo di Giuseppe Impastato furono ritrovati la mattina del 9 maggio 1978.
I compagni fedeli di Peppino, disperati e increduli, nei giorni successivi all’assassinio si recarono sulla scena del delitto per raccogliere quanti più pezzi possibili del corpo dell’amico.
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Il depistaggio dopo la morte di Giuseppe Impastato
«Forse un attentato. Forse un suicidio. Non è ancora chiara la ragione della morte di Giuseppe Impastato, trent’ anni, dilaniato dall’esplosione di una bomba sui binari del treno Palermo-Trapani. Era candidato nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali». I titoli dei giornali del 9 e 10 maggio 1978 sulla morte di Impastato descrissero la confusione intorno al massacro del giovane siciliano. Tutti sapevano che la morte fu ordinata dai mafiosi perché da tempo, con Radio Aut, Peppino conduceva delle satiriche trasmissioni contro la cupola di “Mafiopoli”.
Tutti sapevano che Impastato perse la vita per le sue ostinate lotte sociali. Impastato conobbe presto la morte perché ruppe con la sua famiglia mafiosa e si dedicò con anima e corpo alla denuncia contro cosa nostra.
Tutti sapevano e tutti decisero di voltarsi dall’altra parte. Le forze dell’ordine e le istituzioni colluse strumentalizzarono la militanza comunista extraparlamentare del giovane siciliano per partorire l’assurda ipotesi di un attentato terroristico. Alcuni diedero credito anche all’ipotesi del suicidio. La raffinatezza del piano fu non solo di ucciderlo ma distruggerne anche la memoria ed il lavoro politico.
Peppino Impastato e “Don Tano seduto”
Impastato proveniva da una famiglia mafiosa ma rivoluzionario vero ruppe con il padre e con la mafia. Dall’età di quindici anni decise di espugnare cosa nostra, di cercare e imparare la bellezza vera e di ribellarsi alla rassegnazione, alla paura e all’omertà. L’impegno di Impastato contro la mafia fu veramente contagioso: intorno a lui si radunò presto un gruppo di ragazzi animati dall’identico spirito di ribellione.
Impastato con il suo gruppo di compagni e compagne fondò il circolo “Musica e Cultura” nel centro di Cinisi. Il movimento culturale diede vita anche ad una radio, Radio Aut e Impastato conduceva spesso la trasmissione satirica “Onda Pazza Mafiopoli”. Quest’ultima era una satira con cui il giovane siculo sbeffeggiava la mafia e i politici locali rivelandone senza reticenze trame illecite e attività illegali. Il bersaglio preferito del “rivoluzionario di Cinisi” era il boss mafioso Gaetano Badalamenti, chiamato con disinvoltura “Don Tano Seduto”. Giuseppe Impastato utilizzò la satira come strumento per mettere in ridicolo i benpensanti, i responsabili politici del paese e soprattutto i mafiosi. Così Peppino colpì dritto al cuore della mafia. Questo colpo gli costò la vita.
La condanna di Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi
Le istituzioni dell’epoca contaminarono le indagini sulla morte di Peppino Impastato sin dai primi momenti dell’istruttoria. Gli inquirenti alterarono le scene del crimine, allontanarono gli scomodi testimoni. Nessuno diede ascolto agli amici del giovane politico siciliano. Tutto per lasciare la mafia impunita. Per scartare sia l’ipotesi di Impastato terrorista che l’ipotesi di Impastato suicida e quindi formalizzare l’inchiesta come omicidio, da quella mattina del 9 maggio 1978, passarono ben nove mesi. Solo nel 1988, dieci anni dopo, il Tribunale di Palermo inoltrò una comunicazione giudiziaria al boss mafioso Badalamenti. Quest’ ultimo non riuscì più a farla franca e sulla sua testa nel 2002 cadde la condanna all’ergastolo.
Giuseppe Impastato: il lascito di un uomo straordinario
Giuseppe Impastato fu un uomo giusto; spirito libero e mente brillante, persona allegra, politico aperto, rivoluzionario fedele all’impegno di cambiare il mondo. Peppino, figlio della terra dei vespri e degli aranci e figlio di un padre colluso con la mafia, si ribellò a cosa nostra e per tutta la vita portò avanti, con indescrivibile ostinazione, la battaglia contro l’organizzazione criminale, rinunciando all’amore per il padre e inseguendo il sogno di una vita più giusta per sé, per tutta la Sicilia e per tutti. Peppino fu un rivoluzionario vero con una storia di riscatto in una terra difficile ma straordinaria.
Impastato pagò con la vita la scelta di vivere per la parte giusta. Il suo lascito è prezioso e importante. La storia del giovane rivoluzionario siciliano, ancora oggi, ci insegna che il buonsenso, quello autentico e non quello apparente, non se ne deve stare nascosto per timore del senso comune che è il senso della rassegnazione; il senso buono deve urlare affinché prenda il posto del senso comune. Impastato ci ha insegnato che anche l’illusione è fondamentale se smuove l’azione per il bene collettivo. Impastato ci ha insegnato che la vita può essere bella e immensa, che non ci dobbiamo accontentare delle superfici ma scavare a fondo e capire e comprendere sempre di più. Peppino Impastato ci ha insegnato l’allegria e la riflessione, ci ha consegnato la responsabilità verso l’emancipazione, la giustizia e l’uguaglianza.
Impastato vive ancora: la sua onestà vive nei cuori di tutti quelli che si scagliano contro il marciume sociale. Ancora oggi Peppino è un punto di riferimento per chi ama la democrazia, la libertà, la purezza.
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