venerdì, Marzo 29, 2024

6 Aprile 2009: il terremoto fuori e dentro di me. Prima parte

Prefazione

LE PARETI DELL’ANIMA

Vuoto

tra le pareti dell’anima

Sensazioni terse di gravità

Luce che splende di disperazione irradiando il tuo spirito

è il pianto soffocato di una vita che muore…

Il passato non tornerà.

Adesso solo puoi guardare avanti.

Allora dirama le tue vene attraverso i confini dello spazio e del tempo

assapora questo dolce nettare dalla coppa della vita

e avanza!

(Francesca Luisi)

(tratto da I Poeti contemporanei n. 180, Edizioni Il Cigno, raccolta di Elio Pecora)

Ecco, sono rinata…

Un caldo pomeriggio di Aprile, ecco il giorno da me eletto per scrivere queste pagine. Un giorno come tanti ma speciale, perché finalmente ho preso il coraggio per farlo. A 2 anni esatti da quella data che tanto cambiò la mia vita, iniziai a scrivere queste righe, spero che ciò di cui parlerò possa essere di ispirazione per qualcuno. Si tratta solo di pensieri, azioni, storie di vita, sentimenti qui riuniti, una piccola goccia da aggiungere a questo immenso mare di esperienza che chiamiamo vita. Per poter “ricominciare”, per non dimenticare…

Alternerò piccoli momenti di vita vissuta a flash back a pensieri e poesie da me scritte o di interpreti che mi hanno colpito.

Nel mio personale modo di scrivere e raccontare, forse un po’ caotico, spero comunque di farvi arrivare il mio messaggio.

 

Prima parte

OGNI PERSONA CHE INCONTRI É MIGLIORE DI TE IN QUALCOSA…

IN QUELLA COSA, IMPARA!

MAHATMA GHANDI

Iniziare qualcosa è sempre difficile, in realtà presi la decisione di scrivere queste pagine quasi subito dopo il sisma del 6 Aprile 2009, ma ho sempre rimandato.

Non so il perché, forse la paura di essere sciocca di non essere all’altezza nel mettere nero su bianco i miei pensieri.

Non sono una persona con una grande cultura letteraria e sono cresciuta con la convinzione che per scrivere bisogna esserlo.

Ringrazio la mia coscienza di avermi detenuto perché non era ancora arrivato il mio momento, credo che per ogni cosa ci sia un momento giusto e che quando arriva è allora che dobbiamo agire, che dobbiamo farlo.

IL PRINCIPIO

Iniziare dal principio è ciò che farò, quel principio della fine, il violento terremoto che il 6 aprile 2009 distrusse la mia amatissima città e sconvolse la vita di migliaia di persone.

SANGUE, MORTE E DOLORE

Prima di quella data io ero in costante lotta contro me stessa. Lottavo da tempo contro i miei problemi personali, quando il terremoto si portò via la vita come la conoscevo.

I risultati raggiunti con me stessa non erano mai abbastanza per me.

Avevo preso coscienza di tante situazioni ma il mio inconscio si rifiutava di ascoltare la mia mente. Quando mente, anima e corpo sono scoordinati è una catastrofe, poiché tra di essi vi è totale assenza di equilibrio.

Il mio problema reale era dovuto ad un’insieme di insoddisfazione credo, soprattutto alla mancanza di autostima.

Sulla mancanza di autostima ci sarebbe parecchio da dire perché la gran parte di noi esseri umani ne soffriamo. É un discorso delicato, ma la sostanza si riduce ad un semplice fatto: non ci insegnano ad amarci pertanto non ci amiamo.

Ci insegnano che amarsi è sbagliato, che significa essere egoisti, ma se andiamo ad analizzare l’etimologia della parola “egoismo” capiamo che sta a significare che l’egoista ama se stesso e nessun altro, mentre avere amor proprio avere autostima è tutt’altra cosa.

AMA IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO

E come amerai il prossimo se prima non sarai capace di amare te stesso?

Bé il risultato è che l’egoismo dilaga nel mondo mentre l’autostima scarseggia.

Per questo l’essere umano è sempre più competitivo e perde di vista il vero obiettivo, l’amore.

Da quella data per me cambiò ogni cosa. Priorità, importanza di cose e persone, relazione con me stessa.

 

FLASHBACK

Ore 00,30, 6 Aprile 2009

Un’altra scossa! La seconda… A pensarci bene prima, non sarei tornata a casa, sono davvero spaventata. Posso sentire il rumore del metallo che vibra dentro il muro, il mio battito è accellerato ho il cuore in gola, prendo le cose più importanti (per me): una coperta (fuori fa freddo), la borsa con i soldi ed il cellulare, i due libri del momento (il guerriero della luce e l’angelo custode), il tanto sudato alle scuole serali per lavoratori (tre anni) diploma delle scuole superiori, con la sensazione che non tornerò più a vedere quelle amate mura”

E non tornai a vederle, me ne andai a dormire al parcheggio adiacente il parchetto che stava di fronte ai Carabinieri, nel quartiere di Santa Barbara. Lì mi sentivo al sicuro anche perché ero a una distanza più o meno rassicurante dai palazzi che potevano crollare, ma vicino alla gente, ero sola. Fuori dalla mia auto c’erano gruppi di persone che parlavano cercando di passare il tempo, c’era gente che dormiva in macchina.

Anche io tentai di dormire, ma il freddo (la temperatura era sotto lo zero) mi gelava i piedi e mi teneva sveglia, mi giravo e rigiravo cercando di trovare una posizione su quello scomodo sedile. La montagna, meravigliosa ed innevata, se ne stava li “Immota Manet” a ricordarmi la sua grandezza e bellezza.

INDIETRO NON SI TORNA.

Non tornai a vedere quelle amate mura, se non solo per pochi istanti una settimana dopo il terremoto, quando entrai con i vigili del fuoco per recuperare le cose più importanti.

Gironzolavo per la casa a tutta fretta e con molta paura, c’erano continue scosse e non sapevi mai quando sarebbero arrivate, il mio palazzo, anche se in piedi, era ridotto male, la paura era quella di rimanerci secco, mi dicevo “mi sono salvata il 06 aprile ed ora dovrei farla finita qua per recuperare 4 cose” e andavo di corsa per la casa cercando di raccattare quanto più potevo, ma per farci cosa? Neanche io lo sapevo, è che noi esseri umani siamo così! Così dannatamente attaccati alle cose terrene. Abbiamo bisogno delle nostre cose, per quanto possano essere inutili o superflue, perché sse ci fanno sentire bene, ci fanno sentire al sicuro; ci fanno sentire… A casa! Non tornammo più in Via Milonia n. 23 interno 8, Palazzo Drago.

Sembro un po ridicola scrivendo l’indirizzo completo, ma in realtà lo scrivo perché non lo voglio dimenticare, perché rimanga dentro la mia memoria una traccia seppur impercettibile della mia tanto amata ed odiata casa, là dove ancora potevo sentire la presenza di mio padre, venuto a mancare nell’estate del 2003. La sua presenza e le sue energie erano impregnate in quelle mura che lui stesso aveva dipinto più e più volte, nella sua camera da letto c’era ancora qualcosa che profumava di lui…

30 Giugno 2003, morte di un padre

(Di Francesca Luisi)

Un urlo invocava aiuto

da un campanello che suonava incessante,

una sagoma tremante su di un viso muto,

non portatelo via da me!

Francesca non lasciarmi”,

promessa strappata all’eterno.

L’aria fresca del mattino sfiorava un nuovo giorno,

mai più potesti rivedermi

Così morivi di affanni,

che disdetta!

Ma compivi gli anni

di una vita maledetta.

(tratto da I Poeti contemporanei n. 180, Edizioni Il Cigno, raccolta di Elio Pecora)

3,32 am

Non riesco a dormire, sarà per via di questo scomodo sedile o per i miei piedi ghiacciati che non riescono ad entrare in calore… Ogni tanto qualcuno passa a fianco della mia macchina chiacchierando; Mi fa sentire bene… Mi sento in compagnia o forse è perché la presenza di qualcuno mi conforta anche se mi spaventa allo stesso tempo. Sarà perché ho avuto sempre qualche problemino inspiegabile di fobia verso gli sconosciuti, specie di notte all’aperto, ma dovevo essere coraggiosa, visto che per il futuro prossimo non sapevo nemmeno dove avrei dormito la notte.

Sono li a rigirarmi e a cercare una posizione meno scomoda per prendere sonno, finalmente sono in dormiveglia, quando la mia macchina inizia letteralmente a scuotermi di qua e di là con una forza incredibile. Un turbinio di movimenti rotatori, sussultori ed ondulatori allo stesso tempo, e vi posso assicurare di averli sentiti tutti!

Cerco istintivamente di aprire lo sportello ma questo torna indietro, impossibile, penso che la macchina va a ribaltarsi se non finisce presto. Intanto guardo fuori dal finestrino, tutto si muove in un caos tremendo è impressionante. In uno scenario apocalittico vedo lampioni accendersi e spegnersi ad intermittenza, che si piegano da un lato poi tornano su poi dall’altro e ricominciano la giostra, il palazzo più vicino a me inizia a perdere pezzi e cumuli di polvere si alzano dal suolo rendendo l’aria impenetrabile, una nebbia fitta fatta di polvere avvolge la mia macchina. Mi sa che stavolta è grave! Poi tutto si placa.

Nell’incoscienza del momento trovai tutto ciò entusiasmante, non fraintendetemi non sono una matta che gioisce delle tragedie! Però “io” ai terremoti ci ero abituata, “gli aquilani” hanno convissuto sempre col terremoto e da dentro la mia macchina, relativamente al sicuro, sembrava tutto meno grave. Ero totalmente presa dall’impeto del momento e dall’adrenalina che il mio corpo stava producendo, dal senso di potenza e inevitabilità che la grandezza distruttiva della natura aveva suscitato in me.

La situazione al di fuori della mia Peugeot 107 era ben diversa da quello che immaginavo, gente che gridava, donne che piangevano, un ragazzo stava lì in mutande e qualcuno gli aveva messo una asciugamano intorno cercando di aiutarlo a riscaldarsi, un freddo cane, considerate che eravamo a meno 6 gradi, questo ragazzo era sceso di corsa dal letto e non ci aveva pensato neanche un secondo a uscire fuori di casa così come stava. La terra sotto i nostri piedi tremava ancora e seguitò a tremare per ore. Ricordo vividamente una signora disperata perché il suo gattino piangeva dalla finestra del secondo piano, la chiamava… Poteva vederlo ma non poteva tornare a prenderlo e quello era tanto spaventato che tentò di gettarsi giù, lei stava insieme a suo marito e probabilmente quel gattino era la cosa che amava di più oltre a lui. Io mi aggregai ad alcuni ragazzi di mia conoscenza, casualmente abitavano proprio li vicino.

Nonostante io sia sempre stata un’individualista, una persona che stava bene anche da sola, una tipa che si sentiva diversa dalla massa, mi aggregai. Ricordo di aver fatto caso a questa cosa, al senso di aggregazione e di appoggio reciproco che si sviluppa in determinati momenti della vita al quale nessun essere umano può sfuggire, nemmeno un lupo solitario come me.

Nulla come quella notte mi ha fatto capire come soli siamo più deboli, e l’ho dovuto riconoscere anche se a malincuore, ho dovuto riconoscere che anche io non potevo essere invulnerabile da sola.

Le tre ore consecutive le passai così parlando e facendoci forza l’uno con l’altro, raccontandoci l’esperienza e cercando di contattare i nostri cari. Ero molto in ansia per mio fratello, non so più quante volte ho tentato di chiamarlo ma le linee telefoniche erano andate tutte in tilt. Tentai di chiamare anche mia madre e le mie 2 migliori amiche ma prima delle 8 del mattino non riuscii a parlare realmente con nessuno, pochi secondi e la linea cadeva. Al mio compagno di allora che era spagnolo e viveva a Logroño, mandai un sms: “sto bene, non preoccuparti”.

Pensavo che lui non sapesse realmente quello che mi stava succedendo e che se avesse saputo qualcosa si sarebbe preoccupato moltissimo. Immaginate la mia sorpresa quando seppi che alle 8 di mattina mentre riceveva il mio sms, lui stava davanti alla televisione sgomento, spaventato ed incredulo guardando le immagini della mia città distrutta. Meno male che mandai quel messaggio!

CONTINUA A LEGGERE LA SECONDA PARTE: https://www.periodicodaily.com/6-aprile-2009-racconti-unaquilana-seconda-parte/ 

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