venerdì, Marzo 29, 2024

4 DICEMBRE 2016 – 4 MARZO 2018: LA LUNGA MARCIA DELL’ILLUSIONE

Il 4 dicembre del 2016 il popolo italiano – le classi popolari, i giovani, i salariati – salvarono la democrazia dall’attacco accuratamente preparato da un uomo che voleva rimanere solo al potere annullando di fatto tutte le prerogative costituzionali della democrazia rappresentativa e puntando a rendere superfluo il ruolo del Parlamento quale assemblea legislativa.

Quel referendum fu un «NO» politico ad un progetto di deriva bonapartista ed un «NO» sociale ad un progetto già in corso di proletarizzazione del lavoro ma le forze borghesi democratiche e quelle della sinistra di classe non vollero e/o non seppero cogliere la grandiosa portata di una vibrante protesta popolare.

Segnatamente il voto dei giovani espresso in occasione del referendum fu sintomatico sia di una situazione di disagio politico che di una sofferenza sociale, entrambe ampiamente presenti in ogni fascia di età: tra i 18 ed i 34 anni voto al SI 19% e al NO 81%; tra i 35 ed i 54 anni voto al SI 33% e al NO 67%; oltre i 55 anni voto al SI 53% e al NO 47%

Tutte le forze politiche si espressero contro il PD e contro Renzi, si trattò di un voto politico dai due volti e dai due risvolti: (1) la sinistra alternativa e quella riformista (minoranza del PD compresa) espressero primariamente e fortemente un voto per la difesa della Costituzione nata dalla Resistenza ed a garanzia dell’equilibrio tra i poteri dello Stato finalizzata a dare agli italiani un forte messaggio di riscossa contro la tenaglia del capitale finanziario nazionale ed internazionale che soffocava nella sua morsa la vita di migliaia di famiglie ed i diritti di milioni di lavoratori,disoccupati, giovani e pensionati; (2) l’opposizione di destra ed il M5S indicarono un voto chiaramente contro il governo in carica a prescindere dalla valutazione nel merito della riforma costituzionale nonostante dichiarazioni di facciata volte a giustificare il voto come opposizione alla “deriva autoritaria” con l’obiettivo di andare ad elezioni anticipate (segnatamente richieste dal movimento di Grillo) per sfruttare a proprio vantaggio, o tentare di farlo, l’aberrante legge elettorale detta “Italicum”.

La campagna elettorale delle forze borghesi unì sia partiti che movimenti rivali ed avversari col solo obiettivo, strumentalmente condiviso, di evitare che il regime lo costruisse Renzi per poterne poi approfittare, ognuno per proprio conto, laddove si fosse andato ad elezioni anticipate con la nuova legge elettorale. E questo è puntualmente avvenuto anche con la “nuova” legge elettorale!!

La sinistra riformista decise di logorarsi in combattimenti fratricidi (PD) e quella anticapitalista di dedicarsi all’ozio più totale preferendo, incredibilmente, aspettare gli eventi o forse le decisioni del Quirinale (che non furono quelle sperate)oppure pensando a come organizzarsi in proprio per capitalizzare “in solitario”il successo oppure fatto ancora più grave cercando di imporre “imprimatur” a cartelli e/o liste elettorali decise a tavolino.

La Destra prese un’altra strada, i conti furono regolati in silenzio e sotto traccia,Forza Italia e Lega iniziarono a giocare a scacchi, il M5S aumentò la presenza nelle piazze ed innalzò il peso politico delle proteste populiste.

E dal 4 dicembre siamo arrivati al 4 marzo… Data in cui sono state indette elezioni che la stragrande maggioranza del popolo italiano pensava che potessero e dovessero essere ricordate – ed in effetti così venivano presentate dagli analisti politici – come le più insignificanti e scialbe dal dopoguerra,  prive di contenuti e di programmi politici di rilievo capaci di orientare seriamente gli italiani nelle scelte di un nuovo Parlamento… Con tutta probabilità saranno ricordate per quelle che hanno raso al suolo la Seconda Repubblica con uno sconvolgimento politico degno di uno tsunami, per vari motivi.

Innanzitutto un dato positivo, che caratterizza la “rabbia”degli italiani e la “rabbiosità” del giudizio sulla classe politica dominante, è dato dall’affluenza alle urne: 72,93% di votanti e recupero di 26 punti percentuali circa sulle elezioni regionali in Sicilia del 2017 (votanti 46,76%)sebbene ancora sotto il dato registrato alle elezioni politiche del 2013 (75,24%)ed ancor di più del 2008 (80,63%).

Gli italiani hanno deciso di tornare al voto “arrabbiati”perché mossi da una campagna “rabbiosa” fatta di slogan contro la casta, contro i ladri in Parlamento, contro la corruzione, a favore di coloro ritenuti meritevoli di fiducia per il semplice motivo di non aver mai finora governato e di essere contro il sistema dei Partiti… Poca importanza è stata data al confronto sui contenuti programmatici o sulle proposte politiche per il futuro sociale ed economico del Paese… Bisognava mandare a casa la casta, punto!!

Al di là dell’indubbio successo del Movimento 5 Stelle,trasversale e nazionale, altre indicazioni eclatanti emergono dal voto del 4 marzo: (a) la definitiva resa della vecchia nomenclatura ex PDS ed  in primis Bersani e D’Alema, mortificati per non dire ridicolizzati finanche a casa loro; (b) il ridimensionamento politico di Berlusconi incapace ormai sia di attrarre i cosiddetti moderati – che continua a “vedere” solo lui – che di incidere nell’ambito degli assetti del potere economico e finanziario già in cerca di un nuovo sponsor; (c) la rinascita della Lega con un  Salvini in versione doppiopetto, capace tanto di imbonire il Sud quanto di galvanizzare il Nord; (d) l’inconsistenza politica della destra neofascista ed eversiva che potrebbe però sempre, all’occorrenza, ritornare sul territorio in maniera eclatante visto il mutato scenario politico (e) scarsa penetrazione della proposta politica della sinistra anticapitalista nel tessuto sociale non controllato da pratiche di mutualismo – evidentemente fini a se stesse –  e dei Partiti comunisti ormai settari e residuali oppure marginali.

E tutto questo anche e sempre grazie ad una campagna elettorale che non a caso ho definito rabbiosa che non ha quindi concesso spazi di lucidità di analisi agli italiani: esempio pratico è stata la liquefazione delle istanze sociali alla base del referendum del 4 marzo 2016.

Perché, di fatto, in maniera inconsapevole per quanto sopra detto, gli italiani hanno lasciato mano libera ad un puro e semplice riciclaggio del potere economico e ad un gattopardismo del potere politico; il primo ha scelto i nuovi referenti condizionandone le proposte elettorali.

Accecati dalla volontà di farla finita, gli italiani non hanno prestato la necessaria attenzione all’opportunismo, al demagogismo, al camaleontismo,allo squadrismo, al velleitarismo messo in mostra con abilità e maestria da tutti i leaders ed i partiti presenti sull’arena politica.  

Gli italiani sono arrivati al 4 marzo delusi, mortificati,arrabbiati e non hanno fatto altro che decidere di mandare tutti a casa ed aggrapparsi alla speranza che, perso per perso, almeno i grillini non fossero compromessi col sistema dei partiti e potessero “ripulire” l’Italia… Nessun credito alla sinistra di alternativa ritenuta ininfluente ed incapace di dare una scossa al palazzo e nessuna possibilità lasciata ai fascisti, valutata pura manovalanza non utile alla rinascita morale del Paese.

Il Mezzogiorno è in mano al M5S, a cui gli elettori hanno affidato il sogno di poter vedere realizzata la speranza di portare qualche soldo a casa col reddito di cittadinanza e laddove milioni di donne ed uomini hanno espresso la giusta volontà di cambiamento della propria condizione sociale di arretratezza economica e di povertà semplicemente aggrappandosi aduna nuova forma di assistenzialismo senza futuro.

Il Nord è invece preda della Lega che con Salvini cambia il linguaggio e l’immagine ma non certo la durezza dei contenuti politici, intrisi di nazionalismo e di sciovinismo, che hanno trovato terreno fertile anche e soprattutto nei comprensori industriali assediati dalla crisi e quindi facilmente manovrabili in funzione xenofoba facendo leva sui particolarismi e sugli egoismi economici.

La Sinistra riformista paga a caro prezzo l’incapacità di proporre nuovi percorsi e nuovi scenari per il rilancio economico strutturale del Paese in senso per lo meno neokeynesiano, apparendo agli occhi dei cittadini quale ceto politico autoreferenziale dedito più alla ricerca della propria sopravvivenza di casta (termine qui di certo pertinente) che non alla elaborazione di una convincente proposta politica.

La Sinistra di alternativa non ha calamitato né disagio sociale – la marginalità al Sud è oggettivamente eloquente – né protesta operaia – al Nord la Lega è ritenuta più contigua al mero egoismo individualista – portando a casa solo entusiasmo dei militanti e propositi di rivincita futura… In assenza di teoria rivoluzionaria e di capacità di analisi e di sintesi, l’azione di radicamento sul territorio e di penetrazione nel tessuto sociale si sono dimostrate chimere ben lungi dall’essersi realizzate col mutualismo o consolidate con l’assemblearismo.

Dal 4 dicembre 2016 al 4 marzo 2018: 456 giorni che hanno segnato la fine di una speranza di rinnovamento politico ma nel rispetto delle istituzioni democratiche e parlamentari, vibrante all’indomani del voto referendario; che hanno sconquassato gli assetti politici della seconda Repubblica cancellando dalla scena leaders storici; che hanno aperto la strada ad una visione conflittuale del rapporto con gli altri Stati europei;  che hanno portato al governo del Paese due forze politiche completamene antitetiche ma unite dalla volontà di “afferrare” il potere fin dalla prima occasione loro prospettatasi.

Le idealità e le istanze profonde di democrazia e di giustizia sociale che si leggevano chiaramente nel voto referendario sono svanite completamente nella nebbia che ha avvolto il cammino del Paese fino alle elezioni di marzo… Ed ora la strada è tutta in salita e l’orizzonte per nulla chiaro!!

Raffaele Coppola
Raffaele Coppola
Laurea in Scienze Politiche, indirizzo storico-politico

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