giovedì, Marzo 28, 2024

30 aprile 1973: lo scandalo Watergate travolge la Casa Bianca

Il caso Watergate, che impegnò la stampa statunitense dal ’72 al ’74, viene ricordato come uno scandalo politico senza precedenti. La faccenda riguardava una serie di intercettazioni illegali captate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico. Quando la cosa saltò fuori, l’opinione pubblica e la stampa si scagliarono sull’allora classe dirigente di stampo repubblicano.

La vicenda ebbe inizio il 17 giugno 1972, quando un certo Frank Wills, guardia di sicurezza degli uffici siti nel Watergate Hotel, notò qualcosa di sospetto: un pezzo di nastro adesivo incollato allo stipite della porta che collegava le scale al parcheggio sotterraneo dell’edificio. Il nastro aveva la funzione, evidentemente, di tenere socchiusa la porta. Frank lo rimosse per poi ritrovarlo nel corso di una successiva ispezione. Decise allora di coinvolgere le forze dell’ordine, che arrestarono 5 uomini con l’accusa di essersi introdotti clandestinamente negli uffici del Comitato Nazionale Democratico.

Uno dei cinque, James McCord, aveva con sé una rubrica col numero di telefono di un pezzo grosso della Casa Bianca. Uscì fuori che McCord lavorava per il Comitato per la Rielezione del Presidente. Subito dopo l’arresto, 4 dei 5 scassinatori affermarono alla presenza di un giudice di essere agenti della CIA. L’ufficio stampa del presidente Nixon cercò di sminuire l’accaduto ma due reporter del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, misero su un’inchiesta che portò  luce sulla vicenda, inquadrandola per quello che era in realtà: un’attività finalizzata al sabotaggio dei Democratici.

Quando i due cronisti cominciarono a riesumare i primi scheletri, la Procura Distrettuale di Washington iniziò a interessarsi della faccenda. Le informazioni in possesso dei due erano troppo specifiche, e note all’FBI. I cronisti non svelarono la propria fonte, il Gola Profonda che restò nell’ombra fino al 2005, quando Mark Felt, ex vicedirettore dell’FBI, confessò di essere l’informatore misterioso. Le indagini della Procura continuarono e portarono a una scoperta scioccante: pur di restare al potere, la classe dirigente aveva messo su un’attività di spionaggio. E la piramide del potere saliva fino al Presidente.

L’evento che provò il coinvolgimento di Nixon fu una conversazione nello Studio Ovale. Il 23 giugno, Nixon parlò con H.R. Haldeman, Capo di Staff della Casa Bianca. Nixon voleva che la CIA ostacolasse le indagini dell’FBI. Ora, è pratica standard registrare le conversazioni che avvengono all’interno dello Studio Ovale, anche se all’epoca dei fatti la cosa non era di dominio pubblico. La registrazione di cui stiamo parlando svelò il coinvolgimento di altre due personalità: Howard Hunt e Gordon Liddy, che coordinarono la seconda irruzione, quella che culminò con l’arresto. I due avevano già lavorato per la Casa Bianca nell’unità speciale soprannominata “gli idraulici”. L’unità, messa in piedi ai tempi della guerra in Vietnam, doveva impedire che certe notizie ritenute “scomode” diventassero di pubblico dominio e dare filo da torcere ai Democratici ed agli oppositori della guerra.

L’8 gennaio del 1973, Hunt, Liddy e i 5 scassinatori furono processati e dichiarati colpevoli per cospirazione, furto con scasso e intercettazioni fraudolente.

Le udienze in cui il Comitato senatoriale assumeva le testimonianze andarono in onda. La domanda di un senatore – «Cosa sapeva il Presidente e quando venne a saperlo?» – mise in luce il coinvolgimento di Nixon, mentre quella di un secondo senatore costrinse il vice assistente al presidente ad ammettere l’esistenza di un sistema che registrava le conversazioni all’interno dello Studio Ovale. I nastri delle succitate conversazioni divennero subito oggetto del desiderio degli inquirenti. Nixon rifiutò di cederli citando il privilegio dell’esecutivo, un principio di immunità utile a salvaguardare il Potere Esecutivo nelle forme di governo presidenziale. Questo principio permette al presidente di tenere per sé, qualora un altro potere le richieda, informazioni di sicurezza nazionale e notizie che possano ledere il principio di confidenzialità nei rapporti interni all’Amministrazione.

Ma ormai il danno era fatto e Nixon, travolto dagli accadimenti, si trovò costretto a rilasciare stralci di conversazioni, contenute sui famosi nastri, in forma di trascrizioni. L’imbarazzo della classe dirigente crebbe quando saltò fuori che mancavano 18 minuti di una certa conversazione. Sulle prime la colpa ricadde su Rose Mary Woods , segretaria di Nixon. La donna ammise di aver accidentalmente cancellato quei 18 minuti schiacciando il pedale sbagliato mentre rispondeva al telefono. La balla venne a galla quando, in un momento successivo, gli analisti forensi scoprirono che qualcuno – che non poteva essere la signorina Woods – aveva cancellato ripetutamente quei 18 minuti.

La storia dei nastri arrivò in Corte Suprema, che dichiarò inammissibile il ricorso al privilegio dell’esecutivo da parte di Nixon e ordinò al Presidente di consegnare i nastri.

Il 1° marzo 1974, sette membri dello staff di Nixon furono condannati per aver ostacolato e inquinato le indagini riguardanti il caso Watergate. La Camera dei Rappresentanti intraprese un’inchiesta per l’impeachment di Nixon, accusato poi di abuso di potere e ostacolo al Congresso. A luglio di quello stesso anno saltò fuori la conversazione nello Studio Ovale, con Nixon che chiedeva di ostacolare le indagini dell’FBI.

Quest’ultimo colpo decretò la fine politica di Nixon, che rassegnò le dimissioni in diretta tv.

Una curiosità: lo scandalo Watergate oscurò le rivelazioni sul COINTELPRO, un programma di controspionaggio messo in piedi dall’FBI. Il programma prevedeva azioni di sorveglianza, spionaggio e smantellamento di organizzazioni politiche attive negli USA. Parte di queste azioni erano compiute illegalmente e miravano a compromettere le libertà politiche negli anni di Roosevelt e Kennedy. Tra le tante troviamo l’assassinio di un leader delle Pantere Nere, organizzazione rivoluzionaria afroamericana, e l’organizzazione di sommosse razziali utili a stroncare i movimenti neri.

Stranamente, il caso COINTELPRO passò sottotraccia, oscurato da un Watergate che era sì una bomba giornalistica, ma di portata nettamente inferiore.

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