Sono le 7 e 2 minuti di domenica 29 aprile del 1984, quando una scossa di 20 secondi, stimata di 5.6 gradi sulla scala Richter colpisce la zona tra Gubbio, Valfabbrica e Perugia : non ci sono vittime, ma 6000 sono gli sfollati, 1200 le abitazioni inagibili, 14 le chiese lesionate. In particolare nel territorio di Gubbio sono diversi i danni subiti da edifici storici come il teatro romano, la biblioteca Sperelliana, il Palazzo dei Consoli, il castello di Biascina, l’abbazia di Caprignone. Sulla scala Mercalli – che rappresenta l’intensità sismica valutata in base agli effetti e ai danni prodotti dal terremoto – il sisma viene stimato un VII grado (molto forte), con danni per oltre 40 miliardi di lire.
L’area interessata fa parte della fascia appenninica, che tipicamente è sede di una sismicità rilevante: l’analisi dei terremoti storici consente infatti di identificare le caratteristiche di varie aree sismiche. Proprio l’analisi di questi dati ci dice che l’area compresa tra Gubbio, Valfabbrica, Gualdo Tadino e Nocera Umbra ha una sismicità con eventi di magnitudo tra 6.0 e 5.5.
Il territorio regionale è così caratterizzato da una elevata “pericolosità sismica”, ossia la stima dello scuotimento atteso in una certa zona in un dato tempo di osservazione.
L’arco appenninico è l’area in cui sono presenti le strutture sismogenetiche più importanti, responsabili dei forti terremoti: secondo una delle interpretazioni più accreditate il terremoto del 29 aprile è avvenuto sulla cosiddetta “faglia di Gubbio”, anche se i dati dell’epoca non consentono una sicura attribuzione dell’evento principale (main shock) alla faglia stessa, a causa della scarsità di stazioni di monitoraggio sismico in quegli anni.
La faglia , di tipo estensionale (normale), affiora sul bordo nord-est della valle di Gubbio e si immerge sotto la valle stessa, verso sud-ovest.
Gubbio, Valfabbrica e Perugia sono attualmente classificate in zona sismica 2, ossia “zona con pericolosità sismica media dove possono verificarsi forti terremoti”.