Era la mattina del 21 gennaio 1793. L’ultimo giorno di vita di Luigi XVI, già Luigi Capeto, iniziò molto presto, alle cinque del mattino. Il re che non voleva essere re stava per essere giustiziato.
Effettivamente, non era previsto che Luigi Augusto di Borbone diventasse re. Prima di lui infatti i suoi genitori, Luigi Ferdinando di Borbone e Giuseppina di Sassonia, avevano avuto ben due maschi, oltre alla primogenita femmina (anch’essa morta a cinque anni). Ma Luigi Giuseppe, nato nel 1751, morì a nove anni dopo una caduta da un cavallo a dondolo; e Saverio, nato nel 1753, morì a cinque mesi per un attacco di convulsioni. Così Luigi Augusto, quartogenito della coppia, si ritrovò ad essere dichiarato erede al trono dopo il padre.
Le cose però andarono diversamente. Il Delfino perse suo padre e sua madre prima di compiere undici anni, e si ritrovò così erede diretto del nonno, Luigi XV, detto Il Beneamato.
Il giovane Luigi aveva ben poco in comune con il brillante e carismatico nonno. Era infatti goffo e timido, amava leggere e studiare e aveva una ottima manualità (anche da re avrebbe amato trascorrere più tempo a fabbricare serrature che in compagnia di sua moglie). Oltretutto, per sua stessa ammissione avrebbe preferito che fosse qualcun altro a regnare, non sentendosene mai degno.
A sedici anni Luigi Augusto era un giovane sempre chiuso in sé stesso e tendente ad ingrassare. Per suo conto il nonno aveva negoziato con Maria Teresa d’Austria il matrimonio con la più giovane delle sue figlie, Maria Antonia, all’epoca quattordicenne. Le nozze per procura si svolsero a Vienna il 19 aprile 1770, voti rinnovati poi a Versailles il 16 maggio.
I rapporti coniugali non furono facili. Trascorse molto tempo prima che il matrimonio venisse consumato, anche a causa di un problema fisico del Delfino, risolto poi chirurgicamente. Successivamente le cose migliorarono e tra i due si instaurò una certa confidenza oltre che una forma di affetto, e questo portò alla nascita in totale di quattro figli.
Il re Luigi XVI si dimostrava comunque sempre inadatto al suo ruolo. Prendere decisioni difficili era per lui una fatica immane, ed era costretto ad avvalersi di consigli esterni perché non era mai davvero convinto delle proprie opinioni. Nonostante questo era un uomo buono, totalmente incapace di malvagità e ipocrisia.
Intanto spiravano i venti della Rivoluzione, sicuramente frutto di malgoverno risalente a molto prima della sua ascesa al trono. Una serie di decisioni sbagliate portò la famiglia reale all’arresto, poiché si erano rifiutati di lasciare la Francia nel momento di maggior pericolo, come invece avevano fatto molti familiari e amici. Fu Maria Antonietta a decidere di rimanere al fianco del marito, invece di seguirli con i due giovani figli rimasti.
Come ho già spiegato nel mio articolo dedicato a Maria Antonietta, che vi linko qui sotto, la famiglia reale tentò la fuga, ma venne ripresa a Varenne. Vennero ricondotti a Parigi e chiusi nella prigione del Tempio, in attesa del giudizio della neonata Repubblica.
https://www.periodicodaily.com/maria-antonietta-duecentoventisei-anni-fa-la-caduta-della-reine/
Il processo fu naturalmente sommario, e l’inevitabile condanna fu la ghigliottina. La mattina del 21 gennaio 1793, dunque, Luigi XVI si svegliava e andava incontro al suo destino, con queste ultime, strazianti parole.
“Popolo, io muoio innocente! Perdono i miei nemici e desidero che il mio sangue sia utile ai francesi e plachi la collera di Dio“
Come poi Maria Antonietta, anche il corpo di Luigi XVI venne inizialmente gettato in una fossa comune. Fu poi il fratello Luigi Stanislao, divenuto dopo la Restaurazione Luigi XVIII, a riesumare i loro resti e a farli tumulare nella basilica di Saint Denis, dove si trovano tuttora. Era il 1815.
Ad oggi Maria Antonietta e Luigi sono considerati martiri, e forse dopo tanto tempo anche la loro memoria è stata riabilitata dal pensiero comune.