
L’impresa di Fiume
Subito dopo la conclusione della prima guerra mondiale, nella città di Fiume, c’è un gran fermento. Rispetto alla programmata conferenza di pace a Parigi, i fiumani si giocano la carta delle decisioni politiche, anticipando i tempi e rappresentando contestualmente il sentimento della maggioranza della popolazione. Con coraggio il 30 ottobre 1918 viene approvato un documento-proclama che recitava testualmente “Il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume radunatosi quest‘oggi in seduta plenaria dichiara che in forza di quel diritto per cui tutti i popoli sono sorti a indipendenza nazionale e libertà, la Città di Fiume, la quale finora era un corpo separato costituente un comune nazionale italiano, pretende anche per sé il diritto di autodecisione delle genti. Basandosi su tale diritto il Consiglio Nazionale proclama Fiume unita alla Madre Patria, l‘Italia“. Il presidente americano Wilson non volle tenere in considerazione questa richiesta della città di Fiume, supportata anche dal governo italiano. I tempi erano maturi per la discesa in campo di Gabriele D’Annunzio. Il giorno prima della marcia di Ronchi (12 settembre 1919) il poeta scrisse una lettera al direttore del Giornale d’Italia Benito Mussolini “Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile…Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio”. Il D’annunzio poeta-soldato-eroe, ascoltando anche le parole di Dante, nel canto nono dell’Inferno “sì com’ a Pola, presso del Carnaro ch’Italia chiude e i suoi termini bagna (come a Pola, nell’Istria presso il Quarnaro che segna i confini dell’Italia, in quanto il golfo d’Istria li bagna), volle portare a compimento una “missione storica”. La popolazione di Fiume, dopo che i soldati nulla fecero per impedire al poeta il suo ingresso nella città, era in febbrile attesa. La città, in un clima di gioia e di euforia (quella di parte italiana, la maggioranza) acclamava l’eroismo di D’Annunzio e dei suoi uomini. In questo clima Gabriele D’Annunzio, nel pomeriggio, nella piazza principale della città, nel proclamare l’annessione di Fiume all’Italia, pronunciò il seguente discorso “Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione…Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d’Italia proclamando l’annessione di Fiume”.