martedì, Aprile 16, 2024

Tra Socrate e Hitler: vita e morte di Uriel da Costa

Introduzione

Di Luigi Tramonti 

Il seguente articolo del professor Dimitris Michalopoulos sul filosofo ebreo Uriel da Costa, che compare oggi per la prima volta in lingua italiana, comparve nel numero di giugno 2010 della rivista “Ab Aeterno: Journal of the Academy of Social & Political Research”. Detta rivista, nata nel novembre del 2009, raccolse gli scritti di intellettuali e teorici del calibro di Alexander Dugin (teorico della Quarta Teoria Politica e padre del cosiddetto Eurasismo), JureVujić (politico croato), del dottor Tom Sunic (diplomatico croato), del dottor Pavel Tulaev (fu collaboratore dell’Istituto Sovietico dell’America Latina) oltre che ovviamente dello storico greco autore del testo che segue.

La rivista si è occupata, nei vari numeri, di problemi come Globalizzazione, Identità e Unilateralismo contrapposto al Multilateralismo. Il testo presente analizza vita e pensiero di un importantissimo filosofo ebreo, di poco precedente al più noto Baruch Spinoza (di cui fu precettore e lasciò fanciullo di 8 anni alla sua morte, nel 1640): Uriel da Costa. Da Costa fu autore di cruciali riflessioni in merito all’ebraismo europeo, che accusava di essersi allontanato dall’ortodossia per spostarsi sempre più verso la dottrina della corrente farisea, vicina alla visione cristiana.

Gli scontri sempre più frequenti con le comunità di ebrei sefarditi d’Europa porteranno da Costa a ricevere diverse condanne, che lo faranno sprofondare sempre più nella miseria e nella solitudine,culminate nell’estremo gesto del suo suicidio. In asprissima polemica con l’Ebraismo cui volontariamente aderì abbandonando la Chiesa Cattolica arrivò a porre le basi per la concezione spinoziana, una concezione sempre più deista e naturalista, in cui più dei comandamenti vale la legge naturale insita in ogni uomo.

Il professor Michalopoulos aggiunge ulteriori tasselli al già complesso mosaico analizzando la storia degli ebrei nelle istituzioni cristiane dell’Europa coeva e tracciando un fil rouge che da Socrate (Il Socrate dei dialoghi platonici) porta ad un Adolf Hitler inteso più come pensatore che come uomo politico. Scopriamo quindi che Socrate credeva nell’immortalità dell’anima e che Hitler aveva una propria religiosità basata su un Dio che chiamava “Provvidenza”.

Da ultimo, Michalopoulos analizza il problema delle entità para-statali eminentemente ebraiche che hanno sull’Europa e sulla repubblica ellenica (Da cui il professore scrive) influenza enorme. Comunque sia, la forza di questi pensieri, paralleli o contrapposti che siano,non può che sfociare in un progresso dialettico ricchissimo di spunti e di chiavi di lettura storiche, religiose, culturali, sociali e (talvolta, come nella presente conclusione) politiche.

Riteniamo doveroso precisare che non esiste nella seguente analisi del professor Michalopoulsos alcun intento antisemita, come si potrebbe erroneamente pensare. Si tratta, invece, di una visione antisionista e contraria, di conseguenza, anche alle manifestazioni embrionali del fenomeno che conobbe il proprio sviluppo compiuto dopo il caso Dreyfus. 

Tra Socrate e Hitler: vita e morte di Uriel da Costa [1]

Di Dimitris Michalopulos 

Traduzione di Luigi Tramonti

La comunità ebraica di Amsterdam è nota principalmente grazie a Spinoza. Ma ci fu un altro grande ebreo in quella città, la cui vita e morte devono essere presi come un faro per chiunque provi a comprendere i misteri e i paradossi del Cristianesimo. Quell’uomo era Uriel da Costa.

Uriel nacque a Oporto, in Portogallo, presumibilmente nel 1585. Era il rampollo di una famiglia dell’aristocrazia cristiana, battezzato con il nome di Gabriel. Ma attenzione! Nobili cristiani, certo, ma di stirpe ebraica, dal momento che il Portogallo aveva mutuato il costume spagnolo. Le grandi comunità ebraiche sul suolo lusitano erano sospettate di essere in contatto con i Mori, tradizionali nemici dei Cristiani Iberici. Così, dopo l’espulsione dalla Spagna del 1492, furono chiamati dalla Corona Portoghese o ad abbandonare la propria legge per abbracciare la Fede Cristiana o a lasciare il Paese. I più poveri tra di loro lasciarono il Portogallo; mentre i più abbienti decisero di rimanere. Emerse così l’enorme problema del cripto-giudaismo.

Gli ebrei facoltosi che avevano abbracciato la Fede Cristiana lo avevano fatto soltanto sulla carta. È un dato di fatto che la stragrande maggioranza di loro non abbandonò mai Mosè e la sua Legge. Erano cristiani in apparenza, ma nel segreto delle loro case usavano sputare sulla Croce e insultare Gesù Cristo. Re e Papi non intervennero: era conveniente per loro avere ricchi ebrei “cristianizzati” tra i loro sudditi. Ma la popolazione, la “brava gente” dei Re Cristiani di Portogallo e Spagna, era irritata. I ricchi ebrei, neofiti ipocriti della Chiesa Cattolica, erano in grado di acquistare dignità ecclesiastiche e titoli nobiliari e, di conseguenza, di dominare la Cristianità. Per questa ragione la Santa Sede benedisse la costituzione dell’Inquisizione sul suolo iberico. A dire la verità, l’Inquisizione non aveva alcuna giurisdizione sugli ebrei (o sui musulmani) ma soltanto sui cripto-ebrei (e cripto-musulmani). In altre parole,doveva far fronte al più grande problema delle società cristiane. Posto che gli strati più alti della società accettavano senza problemi gli ebrei – “cristianizzati” o meno- tra di loro (grazie, ovviamente, alla grande quantità di denaro che gli ebrei possedevano) com’era possibile proteggere gli strati più bassi della popolazione dal dominio degli ebrei mascherati da autorità “cristiane”? Hitler pensava che il problema potesse essere risolto per mezzo della celebre stella gialla che obbligava gli ebrei a portare e vietando loro – fossero “cristianizzati” o no- di accedere alle Università e all’apparato statale. L’Inquisizione,d’altra parte, non fece mai ricorso a una misura così drastica. Semplicemente indagavano per scoprire se i presunti cristiani, dopo il battesimo, continuassero a osservare la Legge Mosaica e i costumi ebraici; se così era, gli Inquisitori ordinavano il loro arresto.

Comunque sia il centro della questione è che Uriel da Costa studiò Diritto Canonico all’Università di Coimbra [2].Tuttavia si trattava di un soggetto peculiare: era influenzato da un forte senso dell’onore e dal conseguente odio verso ogni genere di infamia. Aveva terribili accessi d’ira. E soprattutto, era morbosamente attratto dalla Religione. Proprio qui è da ricercarsi la chiave del suo dramma…

Tutta la sua vita fu un dramma, certamente. All’età di venticinque anni decise che la fede cristiana non faceva più per lui e, presumibilmente spinto dalla madre, decise di abbandonare la Chiesa Cattolica per aderire al Giudaismo. Dato inoltre che, se lo avesse fatto sul suolo iberico l’Inquisizione lo avrebbe aspettato a braccia aperte, fuggì dal Portogallo ad Amsterdam, la “Nuova Gerusalemme” nel Nord Europa. Suo padre era morto ma portò con sé la madre e i suoi fratelli. Fu lì che tutti loro vennero circoncisi, venne ribattezzato Uriel e iniziarono i suoi guai.

Ω

Il suo spirito era sempre vigile e in allerta quando erano in gioco questioni religiose. A corollario, afferrò tutto in una volta la differenza chiave tra l’Ebraismo e le altre religioni monoteiste,Cristianesimo e Islam: l’Ebraismo non accetta l’immortalità dell’anima umana. Secondo gli ebrei, infatti, la morte non è una fine ma la fine di tutto. In verità ci fu una corrente del pensiero ebraico,quella dei Farisei, secondo cui l’anima sopravvive alla morte del corpo. Tuttavia non rappresentava la corrente maggioritaria. Dunque il nostro Uriel arrivò alle seguenti due conclusioni: a) i rabbini di tutta l’Europa cristiana erano farisei e b) molto probabilmente fingevano di essere farisei; perché miravano a raggirare le autorità cristiane – sfruttando il celebre precedente di san Paolo [3]– e a far credere a tutti nei paesi che abitavano che nulla di importante li separava dal Cristianesimo.

Il suo primo atto potrebbe essere definito “innocuo”: scrisse una lettera alla comunità sefardita [4] di Venezia, in Italia, affermando che la maggior parte delle loro pratiche religiose non si rifaceva alla Legge Mosaica. Egli aveva studiato a fondo “Mosè e i Profeti” ed era giunto, come detto, alla conclusione che l’Antico Testamento, venerato da cristiani ed ebrei allo stesso titolo, entra in contraddizione con il Nuovo Testamento, venerato solo dai cristiani. Dunque la Tradizione degli Ebrei Sefarditi non aveva praticamente niente a che vedere con l’Antico Testamento: era in qualche modo un “ponte” tra questo e il Cristianesimo.

La reazione degli ebrei veneziani fu aspra; lanciarono un herem [5] nel 1616 contro i sostenitori delle tesi di da Costa, sostanzialmente contro di lui e contro i suoi discepoli ( È noto come ne avesse già molti). Le cose degenerarono quando il dibattito sull’immortalità dell’anima cominciò apertamente. Grazie al suo studio dell’Antico Testamento Uriel era certo che, nella cornice dell’Ebraismo “Ortodosso”, grazia e castigo fossero confinati soltanto in questa vita, dal momento che Mosè non aveva mai parlato della Vita Eterna e soltanto Gesù Cristo l’aveva fatto[6].Nel 1623, inoltre, un ebreo “ortodosso”, o piuttosto un conformista, di Amsterdam pubblicò un libello satirico contro Uriel: Tratadoda Immortalidade da Alma. L’anno dopo Uriel replicò con il suo Exame das tradiçoes phariseas [7].Gli sviluppi erano facilmente prevedibili: fedeli alle loro tattiche ancestrali [8],gli ebrei di Amsterdam sporsero una denuncia contro di lui ai magistrati cristiani “competenti”; di conseguenza venne arrestato e rilasciato solo su cauzione grazie ai suoi fratelli. Ricevette,comunque, una multa di trecento fiorini e – quel che è peggio – i suoi scritti vennero condannati al rogo. Dopodiché, rimase completamente isolato: da quel momento in poi la madre rimase la sua unica discepola, ma morì, consunta, nel 1628. Rimase dunque solo,disprezzato dagli ebrei (e dai cristiani conniventi), sprofondato nella miseria.

Provò, tuttavia, a vivere in pace. Ma la sua stessa famiglia lo aveva abbandonato; e, come se non bastasse, suo nipote lo accusò di consumare cibo non kosher [9]. Fu l’esplodere dell’indignazione ebraica contro di lui! Ma il pandemonio avvenne poco dopo, quando i rabbini vennero informati che aveva persuaso due cristiani a non convertirsi al Giudaismo. Le opzioni per Uriel erano spaventose: essere perseguito una volta ancora dai magistrati cristiani su pressione degli ebrei o accettare di essere pubblicamente umiliato nella Sinagoga. Accusato di non credere nell’immortalità dell’anima, alla quale gli ebrei di Amsterdam fingevano – ipocritamente – di credere [10], sarebbe stato imprigionato di nuovo. Preferì quindi la punizione fisica. Dunque venne frustato dai rabbini nella Sinagoga Portoghese di Amsterdam, pagò una multa e lasciò che il suo corpo venisse calpestato dalla congregazione ebraica sul pavimento della sinagoga -come segno di pentimento, ma non ottenne nulla – e, ancora, perse ogni genere di autostima…

…Dunque preferì la morte. Nei fatti, si suicidò nell’aprile del 1640. Poco prima della sua morte, scrisse la propria autobiografia, intitolata Exemplar Vitae Humanae [11]La chiuse con una provocazione – la sua vendetta e, a un tempo, un avvertimento all’umanità – chiedendosi: “Quale diavolo mi ha fatto diventare ebreo?”

Ω

Dopo le sue amare esperienze tra gli ebrei, Uriel da Costa giunse alle seguenti conclusioni: a) Dio va cercato nella Natura, Sua Creazione,e non nelle società umane [12]; b) Le religioni sono invenzioni umane e non sono in nessun modo una manifestazione della Volontà di Dio; c) Dio deve essere considerato come Padre e Protettore, in altre parole come Provvidenza Universale; d) Grazia e Dannazione eterne non sono altro che invenzioni dei “sant’uomini”, utili a mantenere obbedienti le loro“congregazioni”. Di conseguenza gli uomini devono osservare la Legge Naturale, innata in loro, migliore di ogni “Comandamento” invocato da rabbini, preti, etc…

Con particolare riferimento agli ebrei, scrisse che considerano tutti gli esseri umani – eccezion fatta per loro stessi – come bestie e che è loro costume mentire per confondere coloro che non sono ebrei e renderli schiavi. Si chiese inoltre come fosse possibile che gli ebrei avessero le loro proprie leggi tra i cristiani e che potessero imporle alle società cristiane. Scrisse che, per questa ragione, se Gesù Cristo fosse tornato ad Amsterdam, città cristiana, sarebbe stato bistrattato dagli ebrei come lo era stato in Palestina. In altre parole, come era possibile che i cristiani tollerassero che gli ebrei avessero “uno Stato entro lo Stato (cristiano)” e non fossero mai puniti per i loro atti ignobili? [13]

Vada sé che queste conclusioni a cui Uriel da Costa giunse al prezzo del suo martirio sono meritevoli di attenzione perpetua. Il suo pensiero sull’esistenza di una legge naturale, innata negli esseri umani, grazie alla quale gli uomini sono buoni ricorda Socrate e Hitler; il primo era certo che nessuno compisse volontariamente il male [14];il secondo era convinto che i principi morali fossero connaturati alla “parte sana del Popolo” [15].D’altra parte, il credere nella (Divina) Provvidenza di da Costa e il suo aborrire le religioni (considerate come invenzioni umane) lo rendono filosoficamente simile ad Adolf Hitler, che credeva in Dio, che chiamava “Provvidenza”, ma che era disgustato dalla Chiesa e dal relativo armamentario. [16]

Ciò nonostante, come Houston Stewart Chamberlain avrebbe sottolineato, Uriel era un libero pensatore, come Socrate e Hitler furono nelle loro epoche, ma in un “guscio ebraico”. È noto che il filosofo greco credeva nell’immortalità dell’anima [17]; mentre Adolf Hitler si considerava “abbastanza onesto da confessare di non sapere nulla sull’Aldilà” [18]. Ma ciò non significa che rifiutasse l’idea di Aldilà. Al contrario: intende semplicemente che non aveva idea di che cosa l’Aldilà potesse essere [19] e preferiva non confrontarsi con questo enigma (Aveva molto da fare nella sua vita). Da Costa, dal canto suo, credeva che la morte del corpo fosse anche la morte dell’anima [20]. E la logica conclusione è che Dio, Padre di tutti noi, ha pronti grazia e dannazione per gli umani in questa stessa vita. Ma se le cose stanno così, come poteva spiegare le sue stesse sofferenze e la buona sorte dei suoi – malvagi – nemici? Fu la sua incapacità di dare una risposta a questo interrogativo che probabilmente sta alla base della sua decisione fatale. Il sentiero dell’Ebraismo che aveva deciso di percorrere lo condusse alla sua tragica morte. Se Hitler e Cristo morirono a causa degli ebrei e se Socrate morì a causa di una Democrazia creata dagli ebrei [21], Uriel da Costa morì grazie agli ebrei. Il significato della differenza tra “a causa di” e “grazie a” sottolinea l’unicità della vita di da Costa. Si trova cronologicamente a metà tra Socrate e Hitler, ma la sua conversione all’Ebraismo lo rende una deviazione nel percorso che dal primo porta al secondo.

I suoi insegnamenti politici, ciò nonostante, sono validi oggi più che mai. Com’è possibile che gli ebrei abbiano una loro entità para-statale all’interno delle nazioni cristiane? In Grecia, ad esempio, il “Consiglio Centrale Israelitico” è ora una branca del Servizio Civile; ma al tempo stesso molte aziende dirette da ebrei che operano in Grecia non pagano tasse. Perché? Solo l’attuale establishment politico-finanziario greco – ed europeo –potrebbero fornirci una risposta. Ma, ovviamente, resta zitto…

Note

[1]Questo articolo è tratto dal libro Une vie humaine par Uriel da Costa, traduit du latin et précédé d’une étude sur l’auteur par A.-B Duff et Pierre Kaan, Paris: F. Rieder, 1926

[2]Per quanto riguarda l’Università di Coimbra, vedere HeinrichFriedrich Link, Notas de uma viagem a Portugal e através de França e Espanha.Tradotto in portoghese da Fernando Clara (Lisboa: BibliotecaNacional, 2005), pag. 179-186

[3] Infatti, San Paolo aveva affermato di “essere un fariseo” perché temeva di essere messo a morte dagli ebrei come Gesù Cristo prima di lui. Voleva, inoltre, che gli ebrei capissero (lo accusavano di aver abbandonato la religione ebraica) che il Cristianesimo era soltanto una branca del Giudaismo. (Atti degli Apostoli, 26: 1, 5: Agrippa disse a Paolo: “Ti è concesso di parlare a tua difesa”. Allora Paolo, fatto cenno con la mano, si difese così: “… essi sanno pure da tempo, se vogliono darne testimonianza, che, come fariseo,sono vissuto secondo la setta più rigida della nostra religione.”)

[4]Ebrei sefarditi: ebrei che affondano le proprie radici nella Penisola Iberica; Ebrei Askhenaziti: ebrei provenienti dall’Europa centrorientale

[5] Herem: Anatema, Scomunica.

[6]Vangelo di Luca, 16: 20-26; Edward Gibbon, History of the decline and fall of the Roman Empire (London: Longman and Longmans, 1847), pag. 175-176

[7]Ovviamente,entrambi i libri furono scritti in portoghese

[8]Come Gesù Cristo e San Paolo prima di lui e Joseph Eliyah dopo di lui.Quest’ultimo era un ebreo di Janina, in Grecia. Fu scomunicato dalla comunità ebraica locale perché “amava Gesù Cristo”. Anche la Chiesa Greca, in stretti rapporti con gli Ebrei, lo perseguitò e morì a soli 32 anni lontano da casa per le sue accuse.

[9]Cibo kosher: cibo conforme alle regole del’Ebraismo.

[10]Nel 1636, Menasseh-ben-Israel, un rabbino, pubblicò il suo libro De la Resureccion de los muertos. Si trattava in qualche modo di una risposta ai testi di Uriel da Costa. Ovviamente, l’immortalità dell’anima è differente dalla resurrezione dei morti; ma i Cristiani, ogniqualvolta si trovavano a confrontarsi con gli ebrei, non prestavano attenzione a certe“sottigliezze”.

[11]Fu ritrovato dal teologo cristiano Philipp van Limborch, e lo pubblicò a suo nome nel 1687, in appendice al suo libro De Veritatis Religionis Christianae amica collatio, cum erudito Judaeo.

[12]Dio è nella natura, non è la natura, come Savitri Devi abbastanza stranamente credeva. (Vedere principalmente Nicholas Goodrich-Clarke, La sacerdotessa di Hitler,tradotto in italiano da Marcello De Martino [Roma: Settimo Sigillo,2006], passim.)

[13]La traduzione francese dell’Exemplar è pubblicata in appendice allibro Unevie humaine…, op.cit. p. 97 ff.

[14]Platone, Protagora, 358c-d.

[15]Alfred Rosenberg, Introduzioni al Mito del XX secolo accompagnate da pagine sulla polemica cattolica contro il Mito (1930-1938). Adolf Hitler, Riflessioni sulle Religioni, le Chiese, il Vaticano (Genova: Effepi, 2006), p. 78

[16]Ibidem., pp. 59-60

[17]Platone, Fedone, 103b-108c.

[18]Adolf Hitler, Riflessioni… op.cit., p. 64

[19]Ibidem.[20]DaCosta, Sobre a mortalidade de alma do homen, in Carl Gebhardt, Die Schriften des Uriel da Costa mit Einleitung, Übertragungund Regesten, Amsterdam-Heidelberg-London: Societas Spinoziana, 1922

[21]Un indizio dell’influenza ebraico-giudaica nell’Antica Atene si può trovare nel caso di Erodio Attico, rivendicato dagli ebrei contemporanei come “uno di loro”. Vedere Roger Peyrefitte, Les juifs. Tradotto in greco da Eugenia Horti (Atene: Kaktos, 2003), p. 617.Degno di nota il fatto che la strada più abitata di Atene sia intitolata ad Erodio Attico (odos Hirodou Attikou)

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