giovedì, Aprile 25, 2024

Roby Marton, il signore del Gin

Creativo, entusiasta, profondo conoscitore delle botaniche e instancabile ricercatore di nuove combinazioni sensoriali, l’imprenditore trevigiano, è l’ideatore e artefice di uno dei migliori gin artigianali prodotti in Italia.

Il gin, ovvero il distillato di ginepro dall’origine storica alquanto controversa, è diventato negli ultimi cinque anni una delle bevande alcoliche più utilizzate da mixologist e bartender. Oggi, come negli anni ottanta, accompagna le serate degli italiani dall’aperitivo al dopocena, ma diversamente dal passato, adesso lo si può bere in svariate tipologie di contenitore, dal vetro alla latta, accompagnato dal solo ghiaccio o da variopinte e profumate botaniche (n.d.r. spezie, fiori e bacche usati per aromatizzare).

Alcuni sostengono che l’origine del gin si debba collocare già nel 1200. Infatti sembra si utilizzassero le bacche di ginepro per produrre un estratto alcolico dalle proprietà medicinali, tanto da citarne gli usi e i benefici all’interno del Compendium Salernitanum. Nei secoli successivi sono sempre più frequenti le testimonianze dell’utilizzo del distillato di ginepro per scopi curativi, tanto che tradizionalmente si fa risalire la scoperta del gin al medico di origine tedesca che ha studiato e lavorato per quasi tutta la sua vita in Olanda, Franciscus Sylvius, il quale creò questa bevanda alcolica nel tentativo di curare i soldati olandesi che si ammalavano durante le battaglie per la colonizzazione delle Indie Orientali.

Storia del gin
Storia del gin – Photo by Emmegeifoto

Gli scambi commerciali e i conflitti bellici che a partire dalla fine del 1600 coinvolsero tra le altre Olanda e Inghilterra determinarono la diffusione del gin in quest’ultima. In Inghilterra infatti si diffuse quello che gli olandesi chiamavano Dutch Courage o Dutch Jenever, una bevanda creata per ri-distillazione di cereali e bacche di ginepro.

Da allora la produzione inglese di gin iniziò ad aumentare e diffondersi soprattutto nelle città portuali oltremanica.  Pian piano anche la tipologia di prodotto venne modificata per andare incontro alle richieste dei clienti e si passò da un distillato dal gusto marcatamente in stile olandese, come l’Old Tom Gin a un prodotto che si differenziava dalla ricetta originaria e fu denominato London Dry Gin. Proprio quest’ultimo, diversamente dal Jenever, utilizzava l’alcol etilico neutro e si distingueva dal suo predecessore per il gusto più secco, da cui appunto l’aggettivo “Dry”.

Botaniche
Storia del gin – Photo by Emmegeifoto

La diffusione del gin in altre nazioni, europee ed extra europee, ha generato un interesse sempre più marcato verso questo distillato, che ben si presta ad essere bevuto sia miscelato con altri ingredienti, sia in purezza. Ben presto il mediterraneo è diventata la culla di interessanti produzioni di gin, grazie alla grande disponibilità di botaniche e a un bacino di consumatori che apprezzano le molteplici note olfattive sprigionate da questo prodotto.

Negli ultimi anni, anche in Italia, le etichette di gin presenti sugli scaffali e dietro i banconi dei locali, si sono moltiplicate. Oggi i produttori italiani sono più di cento, ma fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano ed erano produzioni artigianali di altissima qualità.

Abbiamo intervistato proprio uno dei produttori, che tra i primi in Italia, ha deciso di creare un gin che si distinguesse da quelli in commercio e diventasse il portabandiera italiano nel mondo. A distanza di soli cinque anni dalla prima produzione, non è solamente uno dei migliori gin italiani, ma è presente in più di 20 nazioni al mondo e il suo brand è sinonimo di qualità e originalità.

Handcrafted Gin – Photo by Emmegeifoto

Roberto “Roby” Marton, cosa significa produrre un gin handcrafted?

“Anzitutto partiamo dall’alambicco con cui si produce il gin, che per i gin di qualità è generalmente il pot-still. Diversamente vengono utilizzate altre tipologie di alambicco, che consentono produzioni maggiori a discapito della qualità e dell’artigianalità del risultato finale. L’alcol che viene utilizzato è quasi sempre neutro prodotto a partire da una miscela di cereali.

I metodi di distillazione sono vari, io utilizzo il ‘distilled’, che consente di ottenere un gin di qualità elevata. Grazie a questa procedura i vapori dell’alcol, ottenuti scaldando la caldaia (pot), vanno a impregnare le bacche con conseguente estrazione degli aromi.

Così facendo si ottiene il distillato ‘base’, a cui poi aggiungo la mia firma, che identifica il mio prodotto e lo rende unico e allo stesso tempo riconoscibile rispetto agli altri. Quella che io chiamo firma si ottiene con un’estrazione denominata ‘cold compound’. Si mescola l’alcol neutro con le botaniche e gli aromi selezionati, affinché questa miscela che si viene a creare dia la nota sensoriale desiderata al proprio gin. L’alcol in questo caso non viene scaldato, viene messo a macerare con gli ingredienti all’interno di contenitori di acciaio per circa un mese.

Terminata l’estrazione alcolica, viene creato il blend tra il distillato e l’estratto. Alla fine il mio gin, proprio per questa tipologia di produzione, può essere denominato ‘Premium Handcrafted Gin’.

Il fatto che, le botaniche e gli ingredienti che seleziono per creare l’estratto siano di anno in anno diversi, non tanto per tipologia, ma per natura, perchè per quanto io possa tentare di acquistare un quantità elevata dei migliori prodotti di una stessa annata, non saranno mai sufficienti per l’annata successiva, determina una ulteriore variabilità del mio prodotto. Il gin prodotto in un anno, potrebbe avere delle note aromatiche leggermente diverse da quello dell’anno successivo o precedente. Questo aspetto mi ha portato a decidere di inserire in etichetta anche l’anno di produzione.

Qual’è il criterio con cui viene filtrato l’estratto proveniente del cold compound prima di creare il blend?

Effettuiamo una microfiltrazione, per eliminare i residui che si formano durante l’estrazione ovvero per la cessione delle materie prime in infusione alcolica. Abbiamo scelto la microfiltrazione e non una filtrazione completa, perché come dice l’oste più famoso d’Italia, Mauro Lorenzon, ‘più togli meno rimane’. Un’affermazione che sembra lapalissiana, ma che in realtà determina il fatto che il mio gin si possa, e per alcuni, si debba, bere liscio. A differenza di un london gin, che è un gin molto right, dritto, pulito, che di solito emoziona meno bevuto liscio, il mio ha un carattere importante, distintivo, che quindi favorisce il fatto di essere bevuto senza miscelazione.

Cosa ti ha portato a produrre gin, in particolare un gin di qualità?

Ho deciso di far partire il progetto nel 2012 e nel 2013 ho prodotto le prime bottiglie di gin. La motivazione è semplice, lavoravo da circa dieci anni per una importante azienda di distribuzione di distillati. Nel 2007 ero spesso in Spagna per motivi professionali e ho notato che il gin iniziava ad avere un ottimo seguito di pubblico e la ‘movida’ che frequentava i locali spagnoli beveva gin e lo faceva in calici di vetro simili al vino, spesso con ramoscelli di rosmarino o altre botaniche all’interno del bicchiere. Ho pensato quindi che si potesse produrre un gin di qualità anche in Italia e renderlo altrettanto popolare e di tendenza.

Come conciliare il fatto che una bevenda di tendenza possa essere di qualità?

Dopo aver iniziato la produzione di gin di qualità e contento del successo e del risultato ottenuto, mi sono chiesto come avrei potuto legare il più possibile il mio prodotto a un ‘rituale’ che andava consolidandosi. Il gin stava diventando pian piano l’alternativa all’aperitivo e al dopo cena e molti marchi più commerciali stavano producendo gin a prezzi più concorrenziali, ma con qualità diversa. Ho pensato a quando ho iniziato l’attività e alla frase che dissi al mio responsabile quando lasciai il mio incarico ‘se il cavallo da corsa lo tieni in stalla diventa un mulo’. E proprio da questa frase ho preso l’ispirazione per creare quello che in pochi mesi sarebbe diventato un must della movida italiana e non solo. Ho inventato e brevettato ‘Italian Mule’, l’alternativa a base di gin al ‘Moscow Mule’. Un’unica ricetta, con ingredienti precisi e soprattutto con solamente il mio gin all’interno, diversamente non è Italian Mule. Accanto a questo un packaging moderno, creativo e una tazza nella quale bere questo cocktail, che fosse di un materiale riciclabile, quindi ‘eco-friendly’ e conduttore di calore, in modo tale che i clienti potessero percepire il freddo del ghiaccio quando lo bevevano d’estate. Le tazze vengono prodotte in tirature limitate e differenti a seconda del periodo , in modo che possano essere collezionate.

Italian mule
Italian Mule – Photo by Emmegeifoto

Ascoltare Roberto Marton che parla di gin e di tutti i prodotti a esso correlati è come stare seduti all’interno di una macchina del tempo in cui il viaggio non è scandito dagli anni, ma dalle sensazioni olfattive. Mentre racconta le sue nuove idee e le sue scoperte, apre barattoli di spezie e ti porge alcune botaniche da annusare, per far comprendere che il gin, l’acqua tonica e qualsiasi prodotto proveniente dalla sua creatività sono frutto di un lavoro di ricerca continua sulle materie prime. Non sorprende quindi che accanto al suo prodotto di punta, Roby Marton Gin,

I prpdotti roby marton
Il Gin per ogni situazione – Photo by Emmegeifoto

nei vari formati e bottiglie, ci siano anche altre creazioni d’eccellenza come i ‘single botanicals’ e il ‘Big Gino’. Quest’ultimo è il gin di qualità pensato per creare miscelati. Tra le tante idee e suggestioni, sicuramente originale quella di essere avvolti da una nuvola di aromi, mentre si degusta il gin Marton.

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