martedì, Aprile 16, 2024

122° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI MONTALE: amore e poesia, critiche ed immortalità

Genova, 12 ottobre 1896: nasce Eugenio Montale. Il 12 nella sua lunga esistenza è un numero ricorrente: muore il 12 settembre 1981, all’età di 84 anni.

Si celebra dunque oggi, 12 ottobre 2018, l’anniversario di nascita dell’uomo dal rapporto disarominico con il male di vivere della realtà, ma amante sincero delle donne e dell’amore.

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.”

Nei biglietti d’amore, sui muri per strada, nei diari segreti, la fama di questa poesia s’accresce col tempo. Montale, nella sua ultima fase, esaspera la debolezza umana rendendola tangibile. Dichiara amore profondo ad una donna che non è più aggrappata al suo braccio, la donna mosca che riempiva le sue giornate, Drusilla Tanzi.

«Per me la Mosca non era una moglie, né un’amante; era una carta che io avevo giocato lottando con tutte le mie forze…».

Volpe, Mosca, Anguilla, la concezione della donna in Montale prescinde dalle situazioni che egli affronta. L’anguilla è emblema dell’amore carnale, il sentimento che si stacca dalla sua radice pura, per aprirsi ai godimenti terreni, perdendo il proprio valore.

 

 

 

Tuttavia l’anguilla ha l’importante compito di essere rappresentanza della poesia scarna, inquinata dalla decadenza della stessa. Pesce col corpo di serpente, ha le caratteristiche della Sirena, pesce col corpo da donna, anch’essa simbolo della poesia in senso austero. Quest’ultima, agli occhi dell’uomo dalla memoria sbiadita, è stata smarrita: di qui la brillante riflessione che egli pronunciò quando gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura. Il numero 12, riccorrente come abbiamo detto, ricompare in questa data: era il 12 dicembre del 1975 ed Eugenio Montale era già un passo avanti rispetto al presente.

Egli difende l’attività poetica col tono angosciato di chi vorrebbere non rispondere negativamente ad una domanda: è ancora possibile la poesia? 

Lentamente la poesia si fa visiva perché dipinge immagini, ma è anche musicale: riunisce due arti in una.”: emerge da qui l’importanza che il genere poetico avesse per Montale e la posizione di rilevanza che occupasse per lui. “Evidentemente le arti, tutte le arti visuali, stanno democraticizzandosi nel senso peggiore della parola. L’arte è produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via in attesa di un nuovo mondo nel quale l’uomo sia riuscito a liberarsi di tutto, anche della propria coscienza. L’esempio che ho portato potrebbe estendersi alla musica esclusivamente rumoristica e indifferenziata che si ascolta nei luoghi dove milioni di giovani si radunano per esorcizzare l’orrore della loro solitudine. Ma perché oggi più che mai l’uomo civilizzato è giunto ad avere orrore di sé stesso? è in queste parole racchiuso uno dei messaggi più innovativi e profondi del discorso: la perdita di un’arte che ne racchiude due, la civilizzazione, accompagnata oggi dalla globalizzazione e dal mondo digitale, che porta paradossalemente l’uomo ad essere incivile nei confronti della propria essenza di umano.

DISCORSO COMPLETO: http://www.dicoseunpo.it/Nobel_della_Lettartura_files/Montale_Nobel.pdf 

Montale lascia un’eredità che va conservata e consacrata, ne sono esempi i due scritti riportati: egli offre realmente alla poesia il dono dell’immortalità, descrivendo attraverso questa concetti eterni.

La vita, le opere, la poetica, sono elementi che si ritrovano ovunque, dai libri di scuola ai giornali, dai siti internet alla tv, è questo fenomeno fa comprendere che le capacità di quest’uomo sono state captate, col tempo, dell’umanità.

 

 

 

Giugno 1925

«Caro Montale, le sue poesie mi piacciono. Purtroppo però l’esperienza di altri versi mi dice che per un volume di eccezione e di gusto come il suo c’è in Italia uno scarso pubblico. Mandando ai suoi amici liste di prenotazione crede che si arriverebbe a qualche risultato? Io veramente terrei a concludere»; «Il volume costerà sulle 1500-2000 lire, forse di più. Occorrerebbero non meno di 200 prenotazioni a 6 lire, sperando che qualche copia si venda poi. Ti va?»: Piero Gobetti a Montale. Dopo un anno finalmente pubblicò il libro.

Riuscì a ottenere 240 prenotazioni, 25 sono per Saba: «Spero di ricevere presto le tue poesie in 25 esemplari, e spero che ognuna di esse sarà una sola poesia, e non molte poesie in una. Questo, come ti ho detto, mi pare essere il difetto delle poesie contenute in Ossi di seppia. È in parte il difetto della giovinezza, ma anche, in parte quello della tua ispirazione artistica. Sorvegliati molto, e non abbandonarti all’affluire delle belle immagini. Le bellezze, mi ha insegnato un filosofo, sono nemiche della bellezza (Scusami)». (Saba)

«Montale studi e si raccolga» (il Regno di Torino), «eccessivo l’influsso di Paul Valéry» (Carlo Linati), «intorbida ambizione (…), fatica della forma non raggiunta» (Natalino Sapegno), «non era proprio la rivelazione annunziata» (Giuseppe Prezzolini). Il padre di Montale si rifiuta di comprare il libro perché trova eccessiva la richiesta di cinque lire da parte del libraio.

Anch’egli, come i grandi uomini di cultura, ha subito l’impatto negativo con un mondo che mette alla prova le coscienze, vincendo su questo: dopo 122 anni, il compleanno di Eugenio Montale è un’occasione per arricchire il proprio bagaglio culturale con gli indumenti più vari: il dolore, l’amore, la poesia, la politica, ingredienti che si adattano alle epoche, senza mutare di valore e rilievo.

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