Silenziando un gene si può prevenire la preeclampsia
La preeclampsia in gravidanza (in passato detta gestosi) colpisce fino al 10 per cento ed è uno dei principali rischi per le donne e i bambini.
Quando diventa grave, l’unico trattamento è quello di interrompere la gravidanza e le donne si ritrovano a scegliere tra la propria vita e quella del bambino.
I primi segnali che destano sospetti sono:
- la pressione arteriosa superiore a 140 di massima e a 90 di minima;
- la presenza di proteine nelle urine a livelli oltre i 290 mg/l. (290mg/l durante la gravidanza è un valore tollerabile).
Invece, il problema diviene serio quando a comparire sono sintomi come
mal di testa continuo, dolore intenso allo stomaco, offuscamento della vista, convulsioni e scarsa quantità di urine.
Quando ciò si verifica in genere la
preeclampsia è già grave.
Dipende da un danno generalizzato alle pareti dei vasi sanguigni della placenta, l’organo che porta ossigeno e sostanze nutritive al bambino. Per compensare, la placenta rilascia proteine nel sangue della donna alzando la sua pressione sanguigna, per incrementare il rilascio di nutrienti e ossigeno al feto. Ma queste proteine possono spingere la pressione sanguigna della donna a livelli troppo alti.
Il silenziamento dell’RNA ha funzionato in una piccola sperimentazione nelle scimmie, riportando la pressione sanguigna alla normalità.
A capo del progetto Melissa Moore dell’Università del Massachusetts. E’ stata indotta la pre-eclampsia in nove scimmie, permettendo alla placenta a rilasciare più proteine (FLT). La terapia di RNA è stata poi iniettata in una sola soluzione in tre dei babbuini.
Dopo due settimane, la placenta dei tre babbuini, ha abbassato sensibilmente il rilascio della proteina FLT e dunque la pressione arteriosa delle gestanti rispetto ai sei babbuini non trattati.
La terapia con RNA sembra non attraversare la placenta, quindi il feto sarebbe assolutamente indenne e protetto. Poichè la terapia prevede una ed una sola iniezione, sarebbe un grande sospiro soprattutto per i paesi in via di sviluppo, dove le donne in gravidanza non possono avere cure mediche molto accessibili.
