giovedì, Aprile 25, 2024

L’invasione dei Trolls

Il significato del sostantivo “Troll” in ambito internet è conosciuto come: una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi (Wikipedia).

In pratica è un utente di internet che posta messaggi volutamente provocatori per generare reazioni forti, polemiche, litigi ed infesta siti, social network, forum.

Questo termine è di chiara ispirazione folkloristica scandinava dove con esso s’indicava una creatura malvagia, brutta ed aggressiva che abitava i boschi.

Il troll è quella persona che partecipa a una discussione online con uno scopo soltanto: rovinare la giornata agli altri partecipanti. Il troll ha diverse armi a sua disposizione: può usare argomentazioni estremamente controverse in grado di far inferocire chiunque con un minimo di buon senso. Può colpire le persone nei loro punti deboli, cercando di provocare una reazione rabbiosa. In genere fa tutto questo senza un motivo particolare: è il modo che ha per divertirsi. Il troll è l’utente più odiato su internet.

Alcuni studiosi canadesi hanno pubblicato una ricerca su Personality and Individual Differences, un’importante rivista di psicologia, dal titolo “Trolls just want to have fun” (“I troll si vogliono soltanto divertire”). I ricercatori hanno sottoposto 1.215 utenti di internet a una serie di test, tra cui un test della personalità e una serie di questionari e per determinare quanto quella persona fosse interessata a comportarsi da troll. La definizione “scientifica” che viene data di troll nell’articolo è quella di una persona che si comporta in maniera «ingannevole, distruttiva o disturbante in un contesto sociale su internet».

La prima fase dello studio ha riguardato l’individuazione dei troll. I ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di specificare il tempo che ciascuno di loro passava su internet, e quanto di questo tempo lo passava a commentare articoli, video o post sui social network. Dopo aver separato i “commentatori” dai “non commentatori”, i ricercatori hanno chiesto ai “commentatori” quale fosse la loro attività preferita nel postare commenti. Le risposte possibili erano: dibattere su argomenti che si ritengono importanti; farsi nuovi amici; chiacchierare con altri utenti; fare i troll nei confronti degli altri utenti. Il 5,6 per cento dei commentatori ha ammesso di essere un troll.

Individuati i troll, i ricercatori hanno cominciato ad analizzare i tratti della loro personalità emersi dai test. Il risultato che hanno ottenuto è stata una fortissima correlazione tra troll e un gruppo di quattro tratti della personalità definiti in maniera piuttosto esplicita come la “tetralogia oscura”. In sostanza, i test della personalità hanno mostrato che i troll hanno tratti narcisisti, machiavellici, psicopatici e, soprattutto, sadici.

Il troll è quindi un mostro sadico e facinoroso che esiste dagli anni novanta ma anche un attivista politico antagonista come spiega Parmy Olson, giornalista statunitense esperta di cultura hacktivist. Molto spesso lo faceva per disturbo nei confronti del potere e della corruzione, come nel caso del collettivo di Anonymous che si scagliò in una delle sue prime operazioni contro la chiesa di Scientology. In quel caso la tecnica usata andava dall’insulto allo scherzo (come ordinare centinaia di pizze a domicilio a nome del malcapitato).

Trovare però delle etichette per questa figura mitologica significa cadere nel suo stesso gioco.

Anche se studi, leggi, cerchi di capire come sia nato il fenomeno, è impossibile generalizzare o individuare degli schemi di comportamento. Il troll ti fa un dispetto anche senza sforzarsi. Se cerchi di definirlo, sei trollato a tua volta.

«È come una sanguisuga che si ciba del sangue altrui. Ecco perché c’è solo un modo per evitarlo: non nutrirlo», spiega Azael, creativo di Diecimila.me, tra gli ideatori di Casaleggio, celebre profilo Twitter (falso) del guru del M5S.

Addirittura secondo il New Yorker, perfino stati interi come la Corea del Nord possono essere considerati dei troll, per il loro comportamento politico.

A muovere questo mostriciattolo è il desiderio di visibilità. «In alcuni casi ti costringe ad andartene dai social per non rispondergli e dargli un palcoscenico», continua Azael. Ma sia chiaro: il troll ha anche una funzione sociale: «Se è simpatico, contribuisce a riportarci con i piedi per terra, perché smitizza chi si prende troppo sul serio».

Tragicamente lo abbiamo visto anche in questi giorni: adolescenti che si suicidano perché prese (o presi) di mira dagli attacchi dei coetanei in rete. Agghiacciante, soprattutto perché un dodicenne non è in grado di capire che un insulto su una bacheca non è la verità, ma solo il parto di una mente malata.

Secondo Tom Postmes, professore di psicologia dei gruppi all’Università di Exeter, che ha studiato i comportamenti online per oltre vent’anni, «il troll tende alla violenza e gode nel provocare disgusto negli altri».

E questa sua caratteristica è peggiorata con il passare del tempo.

Altro capitolo è quello economico. Si guardi anche all’Italia di questi ultimi due anni. Complice il dibattito politico (spesso di basso livello), le bacheche Facebook e Twitter si sono riempite di schifezze fabbricate dai troll. Insulti, fotomontaggi, video stupidi non sono sempre realizzati gratuitamente. Che si tratti di organizzazioni politiche o di aziende, i troll sono stati arruolati.

Un esempio? «Se una multinazionale che produce telefonini vuole dare fastidio al concorrente può rivolgersi all’esterno per assoldare, anche per pochi spicci, utenti che scrivano recensioni negative sull’ultimo modello di smartphone dell’avversario», spiega Paolo Lezzi, esperto di sicurezza informatica della Maglan Europe, multinazionale israeliana specializzata nella protezione delle informazioni.

In sostanza, se l’azienda danneggiata vuole reagire, deve rivolgersi prima a società di cyber investigation e poi a quelle che ripuliscono la reputazione digitale «cancellando» i contenuti dannosi dalla rete. Il tutto ha dei costi che vanno dai 5 mila ai 10 mila euro al mese. Ma si consolino le vittime: «Per avvalersi dei servizi dei troll che diffamano si spende almeno doppio, trattandosi di un’attività illegale», chiosa Lezzi. Il confine tra lecito e illecito è poi molto labile: il Telegraph ha svelato come alcune lobby del Parlamento Europeo, in vista delle prossime elezioni, stiano pensando di investire due milioni di euro per reclutare troll con l’obiettivo di contrastare in rete la predominanza degli euro scettici.

Ed ecco nascere perfino nuovi lavori anche ben pagati a quanto pare: in testa, il cacciatore di troll che li contrasta pubblicamente e cerca di ripagarli con la stessa moneta. Ma anche il moderatore. Chi infatti decide di aprire un sito o un blog deve sempre più spesso fare attenzione alla gestione dei commenti nella rimozione degli insulti e dei contenuti non appropriati. Sprecando energie e denaro.

Per quanto riguarda noi utenti l’unica maniera per avversare i troll è non nutrirli, non cadere nel diverbio verbale perché assolutamente improduttivo quanto non dannoso, il troll vuole attenzione pubblicità e lasciar cadere i loro commenti significa far perdere loro potere, tornare a relegarli nel loro bosco come facevano le antiche popolazioni del Nord Europa.

 

 

 

 

 

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