Il congedo mestruale: progresso o regresso sociale?

La commissione lavoro sta attualmente esaminando un progetto di legge a tutela delle donne che soffrono di dismenorrea. Una proposta che potrebbe cambiare la vita a migliaia di lavoratrici ma che non fa l’unanimità.

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“Onorevoli colleghi! In Italia i dati sulla dismenorrea sono allarmanti: dal 60 per cento al 90 per cento delle donne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa tassi dal 13 per cento al 51 per cento di assenteismo a scuola e dal 5 per cento al 15 per cento di assenteismo nel lavoro”.

Comincia cosi la proposta di legge depositata il 26 aprile del 2016 dalle deputate Pd Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono e Simonetta Rubinato che, se verrà approvata, darà alle donne la possibilità di rimanere a casa nei giorni di picco del loro ciclo. Il così sopranominato “congedo mestruale” sarà di massimo tre giorni, dovrà essere documentato da un medico specialistico e non avrà  alcuna incidenza ne a livello retributivo ne a livello contributivo.

Un riposo di genere che non tutte le donne vedono di buon occhio. Se da una parte arriva come una conquista per le lavoratrici attualmente costrette ad aprire malattia o a prendersi giorni di ferie quando il dolore si fa troppo forte, dall’altra, viene considerato come un “regalo avvelenato”. Una legge a tutela delle donne ma che paradossalmente potrebbe penalizzarle ulteriormente in un paese come l’Italia dove l’occupazione femminile è di solo 50,6% (per una media europea del 64,3%), dove il divario retributivo a parità di qualifica si aggira attorno al 16% in meno degli uomini e dove quasi un quarto delle lavoratrici sono illegalmente licenziate in stato di gravidanza. Una proposta quindi vista non solo come un’ulteriore possibilità di discriminazione a favore degli uomini, specie in luogo di assunzione, ma anche come il mantenimento di uno stereotipo culturale: le donne valgono meno.

Infine va sottolineata la singolare scelta argomentativa fatta dalle deputate per difendere la loro proposta: L’esempio di paesi (Giappone, Indonesia, Sud Corea e Taiwan) che già hanno adottato il congedo mestruale come “protezione della natività” perché “se le donne non riposano in quei giorni del ciclo avranno poi numerose difficoltà durante il parto”. Un’argomentazione che senza dubbio porta fuori tema.