venerdì, Marzo 29, 2024

Il dilagante e spaventoso fenomeno dell’overtourism

Forse avrai sentito parlare del fenomeno dell’overtourism o forse l’hai solo sentito nominare. Ti starai dunque chiedendo di cosa si tratta e perché l’argomento sembra così allarmante.

Significato di overtourism

Solo leggere il suffisso inglese “over” crea un certo allarmismo dentro di noi. Subito viene a mente un altro vocabolo legato al turismo come overbooking.

Tra i tanti significati della parola “over” c’è anche quello di indicare qualcosa che va oltre la normale capacità di contenere. In particolare, in questo contesto, sta a indicare un’incapacità di definire, pianificare e gestire in modo contenuto la crescita turistica di una meta cresciuta negli ultimi anni in modo esponenziale; soprattutto a livello di accoglienza.

Esposizione del problema

Il fenomeno dell’overtourism ha preso sempre più piede negli ultimi due o tre anni, richiamando l’attenzione delle autorità politiche che governano le città a maggior affluenza turistica.

Secondo l’UNWTO tra il 2010 e il 2030 ci sarà in Europa un incremento di circa 269 milioni di arrivi e la domanda nasce in modo spontaneo: siamo pronti ad accoglierli?

La risposta sembra essere negativa perché non si hanno gli strumenti adatti per rispondere adeguatamente alla crescente richiesta turistica.

Le conseguenze dell’overtourism

L’effetto dell’overtourism crea problemi di identità alle mete turistiche più blasonate. Le strutture non sono adeguate per accogliere così tanti visitatori creando uno scompenso tra domanda ed effettiva risposta. E si sa che quando cresce la necessità di avere un alloggio cala la qualità e cresce il prezzo. Questa situazione la si può già verificare a Malta dove i pezzi degli alloggi sono letteralmente saliti alle stelle a causa della richiesta di lavoratori che si trasferiscono sull’isola.

Inoltre si assiste a una perdita dell’artigianato e della qualità culinaria. Il turismo mordi e fuggi richiede cibi economici e veloci e non si ferma, spesso, ad apprezzare le qualità che distinguono una nazione dall’altra.

Si fermano ai negozi di souvenir, sovente di fattura cinese, per acquistare come ricordo un oggetto che simboleggia la meta visitata ma non ne trasmette il valore autentico.

Prime mosse in Europa

La professoressa Caterina Borelli, ricercatrice e antropologa all’Università di Barcellona rispetto a questo tipo di turismo ha dichiarato quanto segue: “Fa collassare il trasporto pubblico, intasa le zone centrali della città e le direttrici per raggiungerle, mentre i turisti consumano cibi da asporto che generano quantità sproporzionate di rifiuti e acquistano paccottiglia. Il danno all’immagine della città, per non parlare della qualità di vita dei suoi abitanti, è evidente”.

E in Italia invece?

La nostra nazione è piuttosto congestionata già ora, se si pensa a quest’estate a Venezia e all’istallazione dei tornelli. La situazione è allarmante soprattutto nelle grandi città perché non sono state progettate per contenere un afflusso di turisti impellente.

Ciò che dobbiamo fare, secondo gli esperti, è controllare e valutare il fenomeno in termini reali, in modo da non trovarci impreparati.

L’idea è quella di pensare a un luogo come a un marchio in modo da agire per proteggere il bene di quel determinato luogo. Valutarne i punti di forza e di debolezza. Limitare le visite e proporre soluzioni alternative.

Il turismo è un business e come tale va trattato: non deve essere lasciato al caso ma pianificato e controllato.

Solo così possiamo alzare lo standard dell’offerta e permettere ai cittadini che vi abitano di continuare a sentirsi parte integrante del tessuto sociale.

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