giovedì, Marzo 28, 2024

Calcio, serie A: codice deontologico

Pare sia acclarato che c’è ansia da prestazione nelle parole di Sarri e Spalletti (rispettivi tecnici di Napoli e Roma), rilasciate al termine delle partite giocate contro Empoli e Sassuolo.

Il primo, per la verità, ha sempre avuto un rapporto con gli organi di stampa apparentemente verace; vorace piuttosto, e in più di un’occasione, di costanti giustificazioni oltre a continui chiarimenti circa le prestazioni dei suoi calciatori.

Spesso e inopportunamente ha ricorso ad una sorta di cafoneria per eludere situazioni di calcio giocato, incondivisibili rispetto alle sue vedute, ritenendo, forse, di valutare correttamente la sua gestione tecnica, rivendicando le consuete logiche di mercato e fatturati, che avrebbero inevitabilmente provocato qualche passo falso, minandone il suo percorso.

Purtroppo l’allenatore toscano nel corso della sua esperienza a Napoli è stato spesso autore di esternazioni poco educate, ed è un eufemismo, se si rievocano gli screzi avuti con Mancini, o qualche conferenza stampa prima di partite decisive come con il Real Madrid.

L’ultima castroneria è di questi giorni e riguarda la polemica riguardante l’orario e la temperatura, che ha condizionato la gara di domenica pranzo contro l’Empoli.

Probabilmente, credendo che fanfarone fa rima con campione, dimostra di essere l’ennesimo seguace di una rima baciata ricorrente ovunque, che però poco si sposa con le qualità necessarie per raggiungere obiettivi importanti di club e personali.

Il tecnico di Certaldo, invece, ha sempre sofferto il pressing da parte dell’ambiente romano, che dichiara apertamente di mal sopportare, considerandolo complice del mancato salto di qualità della sua squadra.

E’ decisamente stranito dinanzi ai microfoni e in notevole difficoltà quando i risultati non gli sorridono, palesando quella permalosità toscana, spesso marchio di fabbrica di molti suoi corregionali, che però non contribuisce ad alleviare i fallimenti stagionali che l’hanno accompagnato dal suo ritorno alla Roma.

Al coro di questi egregi signori, si unisce l’acuto di Buffon per le dichiarazioni rilasciate recentemente in merito alla “non stima verso chi fa pañolade e crea polemiche sterili”, alle quali si aggiungono, rincarando la dose, con un invidiabile virgineo canto dell’anima o una più semplice essenza spontanea: “La Roma agli americani e le milanesi ai cinesi sono una sconfitta per le nostre tradizioni. Povera Italia!”.

Dunque, posto che ovviamente non è al corrente di ciò che lo circonda da diverso tempo, poiché molto è cambiato nel corso di questo ventennio, è quantomeno azzardato considerare praticamente un fallimento qualunque investimento straniero nel calcio.

In tutte le leghe europee, compresa la nostra, esistono ormai da tempo proprietà internazionali, che hanno il compito di proseguire degnamente l’operato dei più celebri presidenti del secolo scorso, garantendo l’ideale prosecuzione dello sviluppo societario.

Sorprende amaramente che un personaggio del suo spessore sostenga in maniera del tutto sconsiderata illazioni di questa portata, anche perché ad esse si accorpano situazioni legate alla proprietà juventina, che meriterebbero alcuni approfondimenti e rischierebbero di metterlo seriamente in soggezione.

Sarebbe opportuno, perciò, evitare fuori pista gratuiti, anche perché proprio loro non sono angeli incontaminati, o fautori di dogmi immacolati, ma semplici persone “prestate”, ora, ad azioni leggere quanto un pallone che tirano o parano ogni domenica.

Tutto sommato non servono codici, né regole particolari, basta solo osservare ogni cosa attentamente, senza mai distrarsi troppo.

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