Bio-terrorismo: una questione aperta e sottovalutata

Il bio-terrorismo utilizza armi biologiche o chimiche ed è particolarmente temuto dalle istituzioni e dai cittadini.

Gli ultimi eventi in Siria hanno portato media ed Istituzioni a riprendere in mano un tema forse da troppo tempo sottovalutato, dimenticato, apparentemente risolto. Tra le armi di distruzione di massa rientrano le armi nucleari esplosive, le armi radiologiche, le armi chimiche letali e le armi biologiche letali.

La distinzione prima di tutto è tra le armi atomiche e le armi radiologiche, le prime utilizzano sostanze chimiche tossiche, le seconde invece sono costituite da virus o batteri che possono indurre il contagio di una qualche patologia grave (es. l’antrace). Una metodologia di attacco particolarmente subdola che colpisce i cittadini a volte prima che se ne possano accorgere (ci sono sostanze che provocano il loro effetto dopo qualche ora dal contatto), inoltre le manifestazioni sul proprio corpo non sono sempre ben interpretabili

Le armi chimiche ormai note per il loro utilizzo nella storia, si basano su agenti che possono essere lesivi (in particolare vescicanti o urticanti) o letali (come gli asfissianti o i gas nervini).

Il Fosgene e il Difosgene sono invece agenti pneumotossici a letalità piuttosto elevata; creano infatti gravissimi problemi respiratori che possono sfociare anche nell’edema polmonare. I gas nervini sono forse gli agenti bio-terroristici più conosciuti. Gli effetti più gravi sono a carico degli apparati respiratorio, gastroenterico, delle ghiandole salivari, dell’occhio, del cuore e dell’apparato urinario

La prima cosa da fare innanzitutto è evitare tutti i luoghi particolarmente affollati: metropolitane, eventi particolari, manifestazioni; il rischio maggiore è quello che vengano infettate le acque degli acquedotti allora è opportuno evitare il consumo, anche esterno, di acqua del rubinetto. In ogni caso quando il rischio di attentato diventa preoccupante, sono solitamente le stesse istituzioni a fornire nei modi usuali le indicazioni per evitare di restarne vittime.

In tali contesti di crisi ed emergenza, l’attività dei media e la comunicazione pubblica delle Istituzioni è fondamentale in questi casi, è sinonimo di prevenzione ed attenzione allo scenario complesso in cui viviamo oggi, è necessario lo sviluppo di un piano operativo che punti alla soluzione e ad una narrazione aggiornata e dettagliata dei fatti, semplice, chiara e meno spettacolarizzata.

 

Giacomo Buoncompagni
Giacomo Buoncompagni
Buoncompagni Giacomo. Aspirante giornalista scientifico. Laureato e specializzato in comunicazione pubblica e scienze sociali -criminologiche. Collaboratore di Cattedra presso l'Università di Macerata. Presidente provinciale Aiart Macerata. E' autore di "Comunicazione criminologica" e "Analisi comunicazionale forense" (2017)

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