Approvato il “codice rosso” contro la violenza sulle donne. L’intervista alla Onlus Doppia Difesa

Approvato in consiglio dei ministri il disegno di legge “codice rosso”. Dal Governo un segnale concreto contro la violenza sulle donne. Scritto dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede in collaborazione con la Ministra della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno prevede una corsia preferenziale per aiutare le donne vittime di violenza , e azzerare i tempi di reazione della giustizia rispetto alla denuncia dei reati. Quelli presi in considerazione sono violenza sessuale,maltrattamenti, atti persecutori, lesioni aggravate quando commessi in ambiente domestico o nell’ambito di una relazione di convivenza.

I Ministri Bongiorno e Bonafede insieme a Michelle Hunziker

Tra le novità dobbiamo sottolineare come questo disegno di legge stabilisce che la polizia giudiziaria non ha nessuna discrezionalità nella valutazione dell’urgenza o meno della circostanza che viene sottoposta all’attenzione delle forze dell’ordine. Devono invece informare immediatamente il Pubblico Ministero il quale, entro 3 giorni, deve incontrare chi ha fatto denuncia per raccogliere altre sommarie informazioni. Un processo che prevede una preparazione specifica all’interlocuzione con le vittime. Per questo la legge prevede anche un sistema di formazione per gli operatori delle forze dell’ordine che trattano questo tipo di procedimenti.

Il codice rosso si mostra adeguato rispetto all’obiettivo di evitare che eventuali momenti di stasi possano creare ulteriori situazioni di pericolo per l’incolumità delle vittime di violenza domestica e di genere; esso, infatti, mira a potenziare gli strumenti propri delle indagini e dell’azione giudiziaria, favorendo l’immediata instaurazione e progressione del procedimento penale e quindi, ove necessario, anche l’adozione – senza ritardi – di eventuali provvedimenti cautelari e preventivi.

Avv.
Cristina Natale

Il disegno di legge si è ispirato al lavoro di Doppia Difesa,l’organizzazione no profit fondata dall’Avv. Bongiorno insieme a Michelle Hunziker. Da circa 11 anni si occupano di questi argomenti e tra le varie attività hanno anche le proposte di legge. Ad esempio in passato hanno promosso una legge sullo stalking. Abbiamo contattato la fondazione per ottenere dei commenti al codice rosso. Proponiamo quindi l’intervista di PeriodicoDaily all’Avv. Cristina Natale, collaboratrice della fondazione che ringraziamo.

Di cosa vi occupate e quante persone hanno fatto accesso ai vostri servizi?

Doppia Difesa opera, da oltre dieci anni, su un duplice fondamentale piano:quello della sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al problema della violenza e quello del supporto diretto alle vittime di essa. Ogni anno riceviamo circa 2000 contatti da parte di persone -in prevalenza donne – che beneficiano in vario modo delle nostre attività: ricevono gratuitamente consulenze legali (penali e/o civili) e consulenze psicologiche telefoniche, vengono assistite in giudizi penali e/o civili, vengono seguite con assistenze psicologiche e percorsi terapeutici. Ma l’aiuto che forniamo consiste anche nel fornire informazioni utili e nell’offrire ascolto a chi necessita di dare sfogo ai suoi stati d’animo e ricevere, dunque, un conforto morale. Inoltre, è frequentissimo che una stessa persona riceva una molteplicità di servizi complementari e per più di una volta nell’arco di un periodo.

Quando e come si è sviluppato il percorso che ha portato all’elaborazione della vostra proposta di un “codice rosso”?

Il cortometraggio “Uccisa in attesa di giudizio”

L’idea del c.d. Codice Rosso è stata elaborata da Doppia Difesa, già un anno fa, in base all’esperienza di casi di donne che lamentavano ritardi negli interventi giudiziari a fronte delle denunce presentate. Prendendo ad esempio il caso eclatante della giovane Noemi Durini – la cui madre, signora Imma Rizzo, è stata presente in una specifica conferenza stampa sull’argomento, organizzata a novembre 2017 – la Fondazione ha anzitutto realizzato, nello stesso periodo, una campagna di comunicazione e sensibilizzazione tramite il cortometraggio Uccisa in attesa di giudizio ed uno spot tv dal titolo Aspettando si rischia la vita. Al contempo, ha elaborato una iniziale proposta per una soluzione normativa ad evenienze simili.

Il percorso è proseguito con altre fondamentali tappe: la nostra idea ha ricevuto, tra maggio e giugno 2018, la condivisone da parte dei leader dei principali partiti politici italiani che hanno sottoscritto, alla presenza di Michelle Hunziker, una lettera di impegno a far approvare una legge in tal senso (come riscontra bile dai video presenti sul nostro sito). Dopo la presentazione della proposta di legge sul c.d. Codice Rosso presso il Ministero della Giustizia che ha preso in carico l’iniziativa, il 28 novembre il disegno di legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. Ora si attende l’avvio del relativo iter parlamentare che si spera celere e condiviso. La legge sul “Codice rosso” non ha connotazioni politiche e auspichiamo un accordo unanime su un testo che dice basta al massacro delle donne uccise in attesa di giudizio.

Con l’approvazione del codice rosso come cambia il vostro servizio di assistenza psicologica e legale per le donne vittime di violenza?

Doppia Difesa.

Il c.d. Codice Rosso ha l’obiettivo di colmare alcune lacune presenti nel sistema di tutela delle vittime di taluni reati (maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate) commessi in contesti familiari o di convivenza e di evitare che eventuali inerzie del procedimento penale possano esporre a ulteriori gravi rischi la sicurezza delle vittime. Se il testo diverrà legge noi di Doppia Difesa ci sentiremo più sereni nell’assistere le donne e nel supportarle nelle coraggiose decisioni di denuncia. Sapremo che, grazie ad una legge, lo Stato interverrà in tempi strettissimi e certi per dare il suo aiuto.Tante sono le vittime che ci hanno detto e ci dicono “ci avete fatto denunciare ma non siamo state aiutate tempestivamente”sentendosi così tradite.

Cosa succedeva prima? Quali erano le lacune burocratiche, legali e amministrative ora colmate con il codice rosso?

A causa soprattutto dell’ingente carico di lavoro capita che forze dell’ordine e autorità giudiziaria trascurino le denunce di fatti violenti contro le donne; denunce che finiscono sepolte in pile di fascicoli affastellati mentre le vittime si trovano esposte a rischi seri per la loro stessa vita. Ricordiamo che nel 2017 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la nota sentenza Talpis, riguardante proprio il caso di una donna,vittima di violenza domestica, che era stata sentita dopo ben sette mesi dalla presentazione della denuncia-querela contro il coniuge;mesi durante i quali non erano stati compiuti atti di indagine né,conseguentemente, adottate misure cautelari. Tale inerzia aveva purtroppo favorito la ripetizione degli atti di violenza, sfociati drammaticamente nel tentato omicidio della denunciante e nella uccisione del figlio.

Noemi Durini.

Purtroppo evenienze come queste non sono isolate; si pensi, per tutte, all’analogo recente caso di Noemi Durini, donna giovanissima uccisa proprio in attesa di giudizio.

Perché accade questo? Perché ad ora non esiste nel nostro sistema processuale – a fronte di reati di violenza domestica e di genere -un “obbligo positivo” di instaurare un procedimento penale tempestivo ed effettivo, accordando cioè una priorità – già in fase di indagine – ai procedimenti per reati come maltrattamenti,violenza sessuale e atti persecutori, anche al fine precipuo di garantire l’immediata applicazione delle misure di protezione delle vittime.

Al momento, l’unica norma del codice di procedura penale che prevede una trattazione prioritaria è quella che si riferisce alla sola fase processuale. Non vi è dunque una norma che stabilisca la priorità nella fase precedente delle indagini preliminari. Il “Codice rosso”si inserisce proprio in questo momento colmando un’evidente lacuna dell’attuale sistema, attraverso interventi specifici sin dal momento della ricezione della denuncia-querela e della relativa iscrizione e contemplando altresì il fondamentale diritto della vittima di essere sentita senza indebito ritardo (come richiesto anche dalla Direttiva 2012/29/UE).

Attualmente, la possibilità di immediatezza nell’iscrizione della notizia di reato e nell’avvio delle indagini è essenzialmente rimessa all’organizzazione dei singoli uffici di Procura, proprio per la mancanza di una disciplina normativa generale. Tanto risulta confermato anche dalla recente Risoluzione sulle linee guida del CSM,adottata il 9 maggio 2018, in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica.

Sappiamo bene che la battaglia è anche e soprattutto di natura culturale. Cosa potrebbe fare la Pubblica Amministrazione, quindi lo Stato, per favorire più informazione e consapevolezza nelle donne?

Gli interventi di prevenzione sul piano culturale sono sicuramente validi strumenti per arginare il fenomeno della violenza degli uomini sulle donne.

Le donne devono essere consapevoli del fatto che non vanno sottovalutati neppure i più piccoli gesti di violenza quotidiana, che non devono tollerare atteggiamenti di discriminazione perché è anche dalla discriminazione che nasce quella violenza che può portare sino alla morte. Devono abbandonare quel perdonismo che le porta, in molti casi, a ritenere che l’uomo che hanno al fianco non possa fare loro del male. Gli uomini purtroppo, ancora oggi, in tanti casi non accettano un rapporto di parità con l’altro sesso, continuano a credere che la compagna che hanno al fianco sia un oggetto di loro possesso; per questo, spessissimo, non ne accettano l’indipendenza,non accettano che vengano detti loro dei no.

Fondamentale per invertire questi atteggiamenti culturali è l’educazione, anche quella che si impartisce nelle scuole, oltre che in famiglia, fin dai primi anni di vita dei bambini, abituandoli a modelli di relazione tra i sessi basati sulla parità e sul rispetto reciproco. Lo Stato deve sentire la responsabilità di promuovere una cultura che superi gli stereotipi e favorisca una società di pari opportunità reali.

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